lunedì 7 dicembre 2015

my wonderland quietbook


Era la sera di capodanno, un anno fa quasi. Eravamo tutti acciaccati, chiusi in casa sotto i colpi di una molesta influenza che aveva funestato un po' tutte le festività, che nonostante termometri, aerosol e mal di testa erano passate liete e serene.
Dopo un modesto cenone, che chiamerei quindi cenino, ci eravamo piazzati bel belli sul divano copertina sulle gambe e film, nel tentativo di aspettare la mezzanotte più o meno svegli.
La scelta era caduta su Alice. Che ho visto un numero infinito di volte e che continuerei a guardare all'infinito.
Sarà stata la febbre a 38, sarà stato l'influsso lisergico che questo film ha sempre avuto su di me, ma nella mia mente ha iniziato a prendere vita un libro di panno, alla mia maniera.
Lo guardavo e ogni strampalato personaggio, ogni pazza scena, ogni surreale paesaggio si trasformava in ispirazione. E l'ispirazione si faceva già pagina, e per ogni pagina il gioco era già lì.
L'illuminazione è stata rendersi conto che Alice, come con tutte le opere che preferisco, parla più lingue, con diversi registri e arriva a tutti, ce n'è per tutti.
Sono riuscita mentre lo guardavo a trovarci tutti quegli elementi, quei concetti, quelle realtà che i bambini iniziano ad imparare fin da piccoli, quando iniziano a muovere i primi passi in quello straordinario, spaventoso, eccitante, strano-stranissimo, curioso, enigmatico Paese delle Meraviglie che è l'infanzia.
Gli opposti, il sotto e il sopra, il dentro e il fuori, le emozioni e le espressioni del volto, il nascondere, lo scomparire, l'indovinare e lo scoprire.
Ho ideato e disegnato e cucito a mano questo libro di panno, in cui ho reinterpretato i personaggi adattandoli alle scoperte che i piccoli compiono ogni giorno nella loro vita, costellata di meraviglie, prodigi, misteri, indovinelli, scoperte e strabilianti avventure. 
Ogni personaggio mi ha ispirato un gioco.

giovedì 26 novembre 2015

comfort food alle tre zeta: zuppa di verze e pan di zucca

Questo tiepido autunno sta lasciando posto ai primi freddi. Si apre la stagione dei piatti "scaldapancino": minestre,zuppe, creme, vellutate.
Tra tutte una delle mie preferite è la minestra di verze, che sta pure ai vertici della classifica "minimo sforzo, massima resa".
Ho imparato a farla quando abitavo in fattoria: in quegli anni ho mangiato i migliori minestroni di cui abbia memoria e una delle immagini che senz'altro mi evocano fortissimamente l'atmosfera di quel posto e di quel tempo è il pentolone che ribolle sulla stufa, a tenere in caldo la cena per chi sarebbe arrivato dopo.

Se non la conoscete o non sapete come si fa ve lo spiego io. Mi basteranno appena un paio di righe.
A voi invece servirà:
-una verza, o mezza, o due dipende da quanti siete a tavola. Noi con una verza di medie dimensioni ci mangiamo in quattro.
-dado vegetale, fatto in casa o comprato a vostro piacere, o ci aggiungete una carota, uno scalogno e una costa di sedano che poi toglierete.
-un pentolone bello capiente
-acqua con cui riempire il pentolone


Ora che avete tutto dovete lavare la verza e tagliarla a striscioline.
Riempite il pentolone con la verza e il dado, o le verdure da brodo, aggiungete acqua q.b. a coprire bene tutta la verza, mettete sul fuoco, portate ad ebollizione, lasciate cuocere a fiamma media per una ventina di minuti.
Servite calda, in ciotole capienti in cui avrete prima messo dei tozzi di pane raffermo. Si inzupperanno di brodo in un apoteosi di gusto e morbidezza che vi farà tornare bambini in dieci secondi netti, il tempo di darci una spolverata di parmigiano e portare il primo cucchiaio alla bocca.
Io l'ultima volta ci ho messo del pan di zucca avanzato e secco al punto giusto.
Fuori il tempo era uggioso, mi son seduta a tavola da sola con questo piatto di fronte a me.
Un momento a dir poco sublime. Fatelo anche voi, ora che il freddo è di nuovo qui e l'inverno sta arrivando.


giovedì 19 novembre 2015

cucir d'autunno

 Durante quest'autunno, questo caldo autunno, ho cucito molto. Molto più di quanto non abbia mai fatto finora. Con la casa vuota per quasi otto ore al giorno per tre giorni alla settimana finalmente sto riuscendo a dedicarmi alle mie creazioni con più costanza, assiduità, determinazione.
Non ho ancora trovato il ritmo ideale e la perfetta organizzazione delle ore della mia giornata. Mi sono ritrovata all'improvviso con questa distesa di ore libere di fronte a me e alle spalle un ingorgo di cose lasciate lì, sospese, rimandate, mai iniziate a spingermi moleste verso un'uscita comunque ancora troppo stretta per farle uscire tutte assieme.
Ci sono settimane in cui ho addirittura avuto l'impressione di riuscire per assurdo a concludere meno di quanto non facessi prima con il piccolo ancora  a casa con me.
Vedi questo dimenticato e polveroso blog, lasciato a se stesso e del quale mi son trovata perfino a dubitare.
Poi però si torna. Magari non spesso, certo non come i primi entusiastici tempi, senz'altro con un approccio nuovo.
Comunque si torna. Perchè tornare qui è comunque darsi un rinforzo positivo, impegnarsi un po', ancora un po' in qualcosa che comunque mi piace, altrochè se mi piace, non gettare la spugna.
Non sono rare le volte in cui dubito di me, oltre che di questo blog. Delle mie qualità. Spesso non credo molto in me, ecco.
C'è qualcuno che crede in me molto più di quanto non faccia io. Qualcuno che per me vale più del mondo intero, il cui parere su di me, su quel che faccio, su come lo faccio è l'unico che in fondo conta davvero.
L'ho saputo una sera a cena, seduti attorno al tavolo ad un certo punto la conversazione è virata sul mio futuro, sul mio lavoro, su quello che farò quando i bambini saranno più grandi e questa mia occupazione di stay at home mum sarà un po' meno necessaria.
"è velo che quando andlemo alla scuola delementale tu andlai al lavolo, mamma?"
Sì, certo. Cioè sì, insomma, è auspicabile, è quel che spero, che quando saranno un po più grandi anche io mi rimetta a portare a casa la pagnotta. Finora la pagnotta l'ho fatta. E ho fatto molto altro, che non avrà portato denaro, ma senz'altro benessere, quello sì. un benessere non monetizzabile e lasciatemi la romantica e utopistica sensazione che sia quello che vale di più, più dell'oro, della seconda macchina, della settimana bianca, dei vestiti nuovi ogni anno, dei cibi bio super chic, del parrucchiere, dei corsi innovativi per grandi e piccini, e di qualsiasi altra cosa a cui abbiamo scelto di rinunciare.
Ma sto divagando. il problema qui è un altro.
Che non so più cosa voglio fare da grande. che il lavoro che facevo prima, non so se voglio farlo più. Non so se sono più fatta per quel lavoro e non so se quel lavoro fa più per me.
Nel frattempo ci sto lavorando su.
E l'ho detto anche a tavola, quella sera durante quella conversazione.
"Mamma però no sa se vuole tornare a fare il lavoro di prim, sapete bimbi?"
"Ma mamma, so io cosa puoi fare allora." ha sentenziato la grande, con tutta la sua risoluta, concisa, lapalissiana convinzione. "puoi andare a fare il mercato e vendere tutte quelle cuciture bellissime che fai." 
Roba che scoppio a piangere sopra la minestra.
E allora mi sono messa sotto con tutte 'ste cuciture. 
Ho pensato, disegnato, tagliato, cucito, creato. C'ho dato dentro. Ma devo crederci ancora, ancora un po' di più. Ed impegnarmi ancora e ancora e ancora di più.
E magari mostrare pure quel che faccio, invece di tenermelo sul tavolo del salotto, nei cassetti di casa, dove nessuno lo può certo vedere quanto impegno ci sto mettendo.
Quindi signore e signori, cerchiamo di tornarci  a questo polveroso blog, apriamo le finestre.
Facciamo vedere quel che sappiamo fare e quel che creiamo.

Come questo memory di panno. Che ha tante tessere, e tanti piccoli disegni cuciti e ricamati a mano.
Disegni che prima ho disegnato sulla carta, poi ho tagliato sulla stoffa uno per uno.

 24 tessere cucite una ad una, a punto festone. Non c'è mai nemmeno un goccio di colla nelle mie creazioni. Nessuna scorciatoia di cui poi non mi fiderei per quanto riguarda la tenuta. Nessun metodo il cui risultato so già che poi non mi piacerebbe.
Mi sfido, mi metto alla prova, piuttosto, allungando ancor di più i miei bradipisssimi tempi di realizzazione. Mi metto in testa che è arrivato il momento di imparare a ricamare: mi cimento allora nei miei primissimi french knots, non riuscitissimi, ma va bene così, vi terrò qui su quest'albero, come segno dell'impegno che ci metto, dei miei tentativi, della mia ferma intenzione a migliorarmi sempre.
 E continuerò a cucire dettagli, non cederò mai alla velocità di un tratto di pennarello sulle mia creazioni a disegnare minuscoli occhietti e sorrisi felici, smorfie mostruose, boccucce tristi.

 Continuerò a scegliere i colori con cura, studiando in maniera maniacale abbinamenti, accostamenti, sfumature.
Scervellandomi per ore sulla giusta impaginazione, su quale pagina vada accanto a quale altra, sulla distribuzione dei colori, la loro armonia, le sensazioni che già da soli riescono a suggerire.

Continuerò a tagliare a mano ogni singolo pezzo, anche decine e decine di cerchi quando necessario, nessuno uguale all'altro.
 Continuerò a cucire a mano anche il più piccolo dei dettagli.
 A scrivere ricamando, usando ago e filo e panno come fossero carta e penna e colori.
A rilegare le pagine dei miei libri, una ad una, a punto festone. Tutte, mica solo la copertina.
Che è la parte più ripetitiva e noiosa, ma è così che faccio io le cose, questo è il mio stile, che parla di me e parla la mia lingua. Senz'altro poco competitivo sul mercato, lento, minuzioso, certosino.Una piccolissima produzione, pochi pezzi, tutti unici.  Che funziona senza corrente, senza chimica. Un passo alla volta, cambiando filo e colore con le stagioni.
 Io, il panno, l'ago e il filo. E tutte le mie bellissime cuciture , per citare la mia più grande fan.

venerdì 23 ottobre 2015

bibidi bibudino bu



C'è stato un tempo, non molto lontano, in cui non avevamo il televisore. Siamo stati senza per cinque anni, o giù di lì. Un po' per scelta e un po' per caso. Poi, stufi di guardarci i dvd sullo schermo del pc, abbiamo deciso che la nostra vista si meritava un trattamento migliore. E soprattutto che certi capolavori andavano visti bene per rendere loro giustizia. Siamo quindi approdati alla decisione di comprare un televisore. Pure grande, perchè noi siamo un po' così, o tutto o niente. D'altronde eravamo combattuti tra televisore e proiettore...in certe cose le dimensioni contano.
Quindi da un anno circa abbiamo ripreso a vedere film e serie senza perdere diottrie, ho potuto godere di tutta la beltà di Matthew McConnaughey spalmata su 50 pollici di alta definizione e i miei figli hanno scoperto...tatataaaa...la pubblicità.
Ora noi il televisore lo usiamo fondamentalmente come schermo e facciamo andare in onda quel che ci pare a noi. Canali e trasmissioni tv per noi si limitano a Report, un Crozza ogni tanto e qualche film su LaF. In certe sere di stanchezza cosmica e totale spegnimento cerebrale mi è capitato anche di lasciarmi inghiottire catatonicamente da trasmissioni su sobrissimi matrimoni partenopei, torte minimal, tutorial di trucco e parrucco e americani in cerca di casa nel bel paese.  Quelli sono i momenti in cui di solito mi ricordo perchè non sentivo la mancanza della televisione.
Gli unici su cui il palinsesto tv ha un certo appeal sono i miei figli. Ma va???
Per fortuna questi nuovi moderni dispositivi televisivi consentono di vederci pure youtube, cosa che ci permette di fargli vedere qualcosa di meglio e di vanificare i tentativi di egemonia di maialine inglesi e bambine russe e di sciropparci meno pubblicità.
Perchè a me onestamente quando i miei picoletti mi citano tale o tale altro "prodotto-giocattolo-cibo-parcodivertimenti" sostenendo tronfi e spavaldi che "l'ha detto la televisione" la prima cosa che mi viene da fare è staccare il cavo dell'antenna.
Poi mi ricordo che pure io ho visto la tv da bambina, e pure parecchia, e anch'io ho desiderato le più barocche delle barbie. E tutto sommato non è che mi si sia svampato del tutto il cervello. Son diventata grande lo stesso. E pure parecchio critica, quindi bando ai divieti tout-court, alle demonizzazioni e alle crociate anticonsumistiche e largo ad una buona dose di buon senso e giusta misura che non guasta mai.
Per esempio puoi pure guardarti il Calimero di nuova generazione, ma poi ci guardiamo pure un po' di sana plastilina in stop-motion di vecchia data, ma che non scade mai, piace sempre e fa molto meglio.
Per esempio puoi supplicarmi di comprarti qualsiasi nuovo cavallino-gattino-cosettino puccioso che vedi alla reclame, ma fattene una ragione no, non possiamo  e non vogliamo, comprarteli tutti. E poi ci sono ancora tutti i miei MioMiniPony, tenuti benissimo e in grado di volare ancora dopo trent'anni.
Per esempio puoi farti venire l'acquolina in bocca per ogni golosità che vedi passare sullo schermo, e alcune te le comprerò pure, certo.
Però ogni tanto ci facciamo i biscotti assieme, che lo so che non  i vengono sempre bene ma almeno ci divertiamo.

martedì 13 ottobre 2015

My autumn book: un quiet book al sapor di castagna e odor di bosco

Ho scritto un altro libro. L'ho scritto a mano. Piano piano. Con lentezza. L'ho scritto ricamandone ogni passaggio, ogni dettaglio, ogni particolare. L'ho scritto senza parole, perché ci sono storie che si raccontano da sé. E storie che si fanno raccontare. E storie che vanno lasciate inventare da menti bambine e animi curiosi.
Quella che vi racconterò qui sotto è quella che è nata nella mia di mente bambina, ma lungi da me avere la presunzione di credere che sia l'unica interpretazione possibile, l'unico dei racconti che possono nascere da queste pagine.
Sono certa che qualunque sarà il bambino che si troverà a sfogliare questo libro avrà una storia tutta sua da raccontare.
Intanto vi racconto la mia.


In questa storia è autunno. E siamo nel bosco. Passeggiando raccogliamo castagne, gelosamente custodite da ricci premurosi.
Anche lo scoiattolo che salta veloce da un ramo all'altro raccoglie castagne, ghiande e noccioline: l' inverno è vicino e bisogna preparare le provviste. Chissà dove le tiene nascoste?

Dagli alberi si staccano foglie secche e variopinte, che piroettano nell'aria per poi posarsi a terra, in grossi mucchi. Il vento a volte le fa volare, sparpagliandole in giro di qua e di là...un bel problema per gli gnometti che si nascondono proprio tra le foglie, mimetizzandosi tra i loro colori. Bisognerà aiutarli a ritrovare la loro foglia, e nasconderli di nuovo. Ma mi raccomando, ad ognuno la sua.

giovedì 1 ottobre 2015

in questi giorni

Ci sono giornate che rasentano la perfezione.
Giornate qualunquissime.
E ti ritrovi a pensare che un domani quella che ricorderai come una delle più belle giornate della tua vita non sarà una di quelle trascorse in qualche posto lontano ed esotico, a mangiare cose sfiziose in qualche nuovo ristorantino che si finge osteria, o a combinare qualcosa di sensazionale e straordinario.
Una delle tue giornate indimenticabili sarà nient'altro che un trionfo di ordinaria quotidianità.

martedì 15 settembre 2015

totò le bistrò e seraphine la terrasse


In questa lunga estate ho avuto dei complici. Dei validi collaboratori. Dei fidi aiutanti. Sono stati al mio fianco, mi han tenuta sotto braccio, giorno dopo giorno nell'affrontare questa lunga estate rovente, ma clemente. Sì, proprio come quel barbecue giocattolo che ad un certo punto hanno iniziato a chiedermi i miei figli, finito presto nel cumulo dei desideri non esauditi e subito dimenticati. C'è chi li chiama vezzi, chi capricci. Fatto sta che clemente il barbecue rovente è stato archiviato ben prima della fine di questa calda estate. Estate che ora lascio andare nel cumulo delle stagioni finite che mai dimenticherò.


Uno si chiama Totò. Totò le bistrò. È il terrazzino della cucina. Più poggiolo che terrazzino, via. È stretto e lungo. Ma ci sta un piccolo tavolino tondo, giallo, e due sedie, rosse. Un piccolo dehors per due. Ma con una cassetta della frutta coperta da un canovaccio a guisa di tovaglia il plateatico diventa subito da quattro.
Totò le bistrò è ad ovest. Vi batte il sole da mezzodì a tramonto, è sempre inondato di una calda luce gialla, che si fa più pallida solo al mattino.
Totò le bistrò dà sul lato interno del quartiere popolare dove vivo. Gatti, stradine sterrate, nonnini in bicicletta, orti, verande con dentro lavanderie e mondi interi.
Totò le bistrò è il nostro poggiolo partenopeo.
Totò le bistrò quando non è sotto la calura è un luogo piacevolissimo. Ad inizio primavera ci trasferiamo lì per le prime merende all'aperto e travasiamo fiduciosi, ma mai troppo convinti, piantine aromatiche e qualche fiore da vaso.
Totò le bistrò al mattino ci accoglie fresco e ombroso, anche nelle giornate più torride. 
Diventa teatro delle più creative messe in scena che quei due assieme sanno inventarsi.
Si trasforma continuamente: da ristorante, a gelateria, a piccola dependance in cui far finta di essere già grandi e avere già prole, pannolini da cambiare e mille altre faccende in cui affaccendarsi.


venerdì 4 settembre 2015

trenta dì: agosto

Tirare le somme di questo agosto è un po' tirare le somme di tutta l'estate.
Tirare le somme di quest'estate è un po' come tirare le somme degli ultimi cinque anni.
Tirare le somme di questi ultimi cinque anni è un gran lavoraccio, emotivamente faticoso e terribilmente lacrimogeno.
E dato che la matematica non è il mio forte, e i bilanci, o mamma i bilanci vi prego no, passerò ad illustrare solo il, tutto il meglio di questo caldo, faticoso, estenuante, luminoso, indimenticabile agosto.

lunedì 24 agosto 2015

Colori ghiacciati per estati torride

Sembrerebbe proprio che sia finita. Insomma guardando come stanno le cose ad oggi, a questo momento.
Stamattina dopo colazione mi sono seduta in cucina, da sola, vicino alla finestra. Ho guardato fuori per un po', tra il malinconico e il pigro.
Non potevo fare a meno di pensare che mi dispiace, mi dispiace molto che stia finendo.
Come sempre nei confronti del tempo ho questa percezione vagamente schizofrenica: un attimo mi sembra che non passi mai, l'attimo dopo mi chiedo dove diamine se ne sia volato.
Ci sono ancora alcune cose che mi sarebbe piaciuto fare. Cose lasciate lí, iniziate e non finite. Posti in cui andare, avventure da vivere, esperimenti da provare.
Ghiaccioli in freezer da finire. Chi ci riesce con questo frescolino? Brrr, noi no di certo.

Comunque, niente panico.
Keep calm and aspetta qualche giorno che il caldo tornerà. Dicono.
Se dovesse tornare, o se da voi non fosse manco mai andato via, ecco un giochino utile e dilettevole, un'attività sporchevole ma non troppo, rinfrescante e coloratissima, perfetta per i giorni di calura appicicosiccia e per imparare la misteriosa ed affascinante faccenda dei colori secondari.
Inizio con una confessione: la paternità dell'idea non è mia. L'ho copiata paro-paro da una delle attività che ha fatto a scuola la mia bimbetta l'anno scorso.  Quindi brave le maestre!

Gli ingredienti li vedete nella foto in alto: bicchieri di plastica e tempere nei tre colori primari.
Il resto è facile facile facile.

lunedì 17 agosto 2015

a quiet summer book: il mio libro per le vacanze

Stamattina alle 7 in un sol colpo e ripetuti squilli di sveglia ho archiviato il capitolo vacanze di quest'estate e pure l'estate stessa sembrerebbe, viste le temperature (brrr) e i cieli bigi e uggiosi.
A confermare il brusco e repentino cambio di rotta ci ha pensato mia figlia che, dopo essersi rintanata sul divano con una copertina di lana (freddolosa figlia degna di sua madre) si è andata a cambiare uscendo dalla cameretta con pantaloni lunghi, maglia a manica lunghe, ma senza maglietta della salute sotto che è pur sempre agosto, e calzini antiscivolo ai piedi.
Ma questo è quel che accade qui, fra le nostre quattro mura in quest'angolo d'Italia. Scommetto che per molti è ancora, e ancora sarà, tempo di vacanze, sole, mare, bagagli, partenze, spiagge, sabbia e tuffi. La bella vita insomma.
E allora dedico a voi, fortunelli vacanzieri, la mia ultima fatica di panno e filo, cucita a mano nei pomeriggi assolati di luglio nella terrazza ad est di casa mia, dove soffia sempre una gradevole brezza e le cicale cantano instancabili.

E' un piccolo libro di panno, senza parole.
Per questo si chiamano quiet book, mica perchè dovrebbero far star zitti e buoni i bambini, anzi...è proprio perchè non hanno parole che un bambino può leggerli e ciarlare quanto gli pare e come gli piace.
Come sempre ci ho messo dentro figure semplici, colori in quantità, giochini  e attività per stimolare la fantasia, il linguaggio, la motricità fine (vuol dire i movimenti delle e con le mani, non è una parolaccia).
Ma soprattutto è allegro e zuccherino, fresco e leggero, molto naif e vagamente poetico, proprio come una filastrocca.

mercoledì 12 agosto 2015

conchiglia

CONCHIGLIA

Mi hanno portato una conchiglia.

Dentro le canta
un mare di mappamondo.
Il mio cuore 
si colma d'acqua
con pesciolini
d'argento e d'ombra.

Mi hanno portato una conchiglia.

(Federico Garcìa Lorca) 

giovedì 30 luglio 2015

trenta dì: luglio

Devo sforzarmi non poco per ritrovare a mia modesta memoria un'estate così estiva. 
Calda, luminosa, assolata.
Eh no, non venite a lamentravi del caldo rovente, non con me.
(Che ieri sera me ne stavo già sul divano con la copeertina di lana sulle gambe. Quindi questa "rinfreescata" a me ha già stufato, ridatemi l'estate, grazie. )
Ho goduto di ogni grado sopra la media, di ogni goccia di sudore che sentivo scendere sulla pelle, di ogni canto sgraziato di cicala che incessante ha fatto da colonna sonora a queste lunghe giornate. 
E se per un attimo ho sbuffato rigirandomi nel letto madido di sudore la notte, mi è bastato ricordare uno qualsiasi dei giorni bui, umidi e piovosi della (non)estate scorsa. 
Non farei a cambio con nemmeno mezza di quelle giornate.
Questa è un 'estate lunga, lenta, dilatata. A volte anche noiosa e molesta, come solo un'estate in città sa essere. Con grandi e desolanti spazi e tempi vuoti come è giusto che sia durante le vacanze. 
E se a volte ho sbuffato, perdendo la pazienza per l'ennesimo bisticcio, per il disordine imperante in casa, per le urla e il baccano, mi è basato ricordarmi che questa potrebbe essere l'ultima estate da mamma a tempo pieno. 
E quindi la loro ultima estate libera dai centri estivi e altre tremende forme di intrattenimento che trasforma le sacrosante vacanze in un tempo pieno perenne. 
Bastava questo pensiero, in  questo lungo luglio, a farmi apprezzare ogni istante, ogni strampalato gioco che metteva a soqquadro la casa, ogni mezz'ora di far niente davanti alla tv, ogni pisolino sudaticcio con il ventilatore che girava in sottofondo, nella penombra della casa mentre fuori il sole impazzava e arroventava tutto.
Ho lasciato che le giornate fossero lunghe, lente, dilatate. Non mi sono opposta al loro trascinarsi e mi sono lasciata trasportare dalla corrente.
Ho voluto che il loro tempo fosse libero, libero di essere vuoto, di essere giocato, di esere anche annoiato. 
Ho cercato di dosare con equilibrio  gioco e riposo, svago e dolce far niente, tra giochi di sabbia e acqua e ghiaccio e colori, nelle nostre amate terrazze, fidate compagne di mille avventure, e fuori casa, quando la canicola dava tregua e ci lasciava abbandonare la tana per uscire ad esplorare il mondo, come cuccioli curiosi e indaffarati.
 

Ho aspettato, stanca e stremata a volte, l'arrivo della sera. 
Quando dopo mille giochi e pastrocchi, bisticci sedati e paci fatte, pranzi, merende e cene a volte difficili da inventare, docce che lavano via dalla pelle strati di sudore, sabbia, antizanzare, storie della buonanotte e ninna nanne, finalmente la popolazione sveglia di questa casa superava la maggior età.
A quel punto, con il sole ormai calato da un pezzo, accendevo una candela, preparavo due bacinelle di acqua fredda con qualche goccia di olio 31, un paio di asciugamani e tappetini e come arzilli vecchietti ci mettavamo tutti e due con i piedi in ammollo seduti. 
Fuori dalla finestra il canto dei grilli, di fronte ai nostri occhi mille foto da scremare e un viaggio bellissimo, davvero bellissimo, da ricordare.
Un viaggio che prima o poi racconterò, ma che per ora mi tengo stretta, custodito dentro ai miei occhi, che  cullo ancora tra le mie braccia, premurosa e gelosa come una mamma con il suo neonato.


lunedì 27 luglio 2015

un'estate al mare

"un'estate al maareee-e-e-, voglia di arrivaaareeee-eee".
Faceva più o meno così, una vecchia canzone di non so quale anno di chissà quanti anni fa. O no?
Un'intera estate al mare è uno dei miei sogni nel cassetto.
Non l'ho mai passata un'intera estate al mare, quei leggendari tre mesi dalla fine della scuola fino a settembre, giusto il tempo di rientrare e raccattare il necessario da mettere in cartella prima di tornare sui banchi.
Ma che dico tre mesi, non ho nemmeno mai trascorso più di una decina di giorni consecutivi al mare io.
Già un mese potrebbe bastarmi. Di mare, solo mare, sempre mare.
In quella pigra e lenta routine fatta di colazioni, crema solare, spiaggia, bagni, pranzo, pisolino, merenda, crema solare, spiaggia, doccia, cena, buona notte.
Il tutto condito da libri, mazzi di carte, castelli di sabbia, pizze in cartone, teli stesi ad asciugare sulla veranda, fritture di pesce, birre fredde, parole crociate, gelati, chiacchere coi grilli, la frescura della pineta, il pizzicare del sole che picchia, il salso che secca i capelli, la crema doposole che disseta la pelle asciutta, dorata, bella, finalmente bella.
Trenta giorni da vivere in costume, pareo e flip flop. Un vestitino per la sera, toh, a volersi proprio impegnare.

Se mai un giorno dovesse compiersi un tale prodigio farò la brava fino a Natale, lo prometto.
Se mai un giorno dovessi preparare una valigia così ci metterei dentro delle Mareskine, piccoli quadernini, dei notebooks piccini picciò, che stanno nel palmo di una mano, nella tasca dei jeans, tra le pagine di un libro.

Una non basterebbe, ne serviverebbero almeno tre. Perchè tanti sarebbero i pensieri, le idee, i ricordi e iracconti da raccogliere e custodire, e, lo sappiamo da quando siamo ragazzine, meglio non affidare messaggi importanti alla sabbia.


Se potessi passare un mese intero al mare, lo passerei nel sud della Francia.
E allora ci metterei una borsa, nella valigia.
 
Una borsa leggera, poco ingombrante, che piegata non occupa molto spazio.
Ma che all'occorrenza si fa capiente e diventa compagna di passeggiate.
Sulla spiaggia al tramonto a raccogliere conchiglie, la porterei con me.
La mattina andando al mercato, la metterei sul cestino delle bici.
La sera aspetterebbe fedele e paziente sullo schienale deella sedia, con dentro  un golfino, una Mareskine e un po' di colori, pronta ad offirmi riparo dalla frescura e spazio per la memoria.

 


Se potessi passare un mese intero al mare vorrei tornare bambina, prima di andarci.
Libera da orpelli e pensieri, coccolata da mani grandi, sdraiata su braccia calde, non dovermi occupare di nient'altro che non sia l'acqua del mare con cui giocare, le barchette all'orizzonte e il volo dei gabbbiani da seguire naso all'insù e conchiglie, chili di cochiglie da raccogliere.



Le mareskine, la borsa-barca e il body marinaretto li trovate tutti nel mio shop, su A Little Market, in saldo fino al 4 agosto.

lunedì 20 luglio 2015

con la testa tra le nuvole

Riemergo da questa bolla di ozio e calura.
Mi affaccio qui, una breve sosta, mentre fuori dalla finestra le cicale cantano senza tregua e un caffè sufficientemente fresco mi aiuta a riprendermi dal pisolino del pomeriggio.
Le giornate trascorrono tutte abbastanza uguali in questo luglio assolato e rovente, e questa rassicurante routine viene difficilmente disturbata, con mio grande sollievo.
Nulla di troppo esaltante o avvincente o coinvolgente da raccontare.
Le solite cose di tutti i dì, dolcissimamente e serenamente banali, mi tengono impegnata. Con lentezza  e senza affanno. E sedermi qui al pc, mi sembra una tale perdita di tempo in questi giorni vuoti e pieni allo stesso tempo, come solo le vacanze sanno, e devono, essere.
Ma c'è una piccola grande soddisfazione, chiamiamolo traguardo, chiamiamolo conferma, chiamiamolo incoraggiamento, chiammaiamolo stimolo. Insomma chiamatelo come vi pare, io per quanti mi riguarda taglio corto e ve lo mostro, perchè questa sì è una cosa che va condivisa e questa mia piccola zattera nel grande mare del web si merita proprio di ospitare questa "tappa".
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