lunedì 20 gennaio 2020

viaggiare a colori: il villaggio di Culross, Scozia


Lunedì 19 gennaio dell'anno duemilaeventi.
Qualcuno sostiene che questo sia il giorno più difficile, triste, malinconico dell'anno.
Il lunedì dei lunedì.
Blue Monday, lo chiamano.
Bubbole, rispondo io, come direbbe Zio Paperone nei panni di quel vecchio taccagno scontroso, e poi rinsavito, di Scrooge nel Canto di Natale di Topolino (sono ancora sotto l'effetto delle festività, sappiatelo).
E se lo dice una malinconica come me, fidatevi. Non date retta a queste dicerie.

Io, per esempio, in questo lunedì di gennaio mi sento particolarmente positiva, pimpante e piena di energia.
Fuori il cielo è di un azzurro luminoso e saturo, lontano anni luce da quei toni di blu cupo e pesante che viene associato alla tristezza.
Quelli di oggi sono diversissimi anche dai colori che ci stavano sopra le teste in quel lontano giorno di giugno in cui, imbaccuccati come qui a dicembre, ce ne passeggiavamo per le stradine vuote di Culross.
Giorno di giugno che, nonostante le nubi e il cielo cupo, rimane tra i più felici di sempre nella mia memoria.
Sarà perchè eravamo in viaggio tutti e 4 assieme, sarà perchè il cuore tornava ad essere leggero, sarà perchè in quel minuscolo villaggio quel che non mancavano erano proprio i colori.

Gli azzurri chiari e vivaci, i bianchi luminosi e quelli caldi, il marrone ruvido del legno e il grigio grezzo della pietra, il rosa antico di certe facciate, l'arcobaleno di alcuni giardini nascosti e segreti, appena dietro la chiesa.
E tutte le mie adorate sfumature di giallo e ocra, di arancio e senape.

Vi porto a spasso lì, tra i ricordi e le tante foto di questo piccolissimo colorato villaggio, se per caso state cadendo nel tranello di lasciarvi condizionare dall'influsso negativo di questo Blue Monday.
Sono certa che tanta bellezza sia l'antidoto giusto 😊.

Correva l'anno 2015.
Eravamo quasi alla fine di quel lungo viaggio in lungo e in largo per la Scozia, e stavamo rientrando verso Edimburgo, dove avremmo riconsegnato la macchina all'autonoleggio prima di dedicare gli ultimi giorni alla capitale scozzese, rigorosamente a piedi.
Sapevamo di questo piccolo villaggio, poco distante da Edimburgo, appena al di là del fiume.
E secondo i nostri calcoli, sperando fossero giusti, potevamo arrivarci in tarda mattinata, e prenderci il tempo di un pranzo e due passi lì prima di riconsegnare l'auto nel pomeriggio.

Se questo post è così pieno zeppo di foto è perchè i nostri calcoli si erano rivelati non solo giusti, ma addirittura abbondanti.
E così abbiamo avuto il tempo di girarcela tutta con calma questa Culross.
Non che fosse grande, per carità.
Ma avere il tempo di passeggiare naso all'insù e perdendoci in ogni dettaglio, sedendoci qui e là, sbirciando dentro finestre e seguendo il volo degli uccelli è quanto di meglio io possa chiedere da un viaggio. 
Soprattutto in quel momento in cui ci lasciavamo alle spalle i paesaggi remoti e solitari (e pazzeschi) delle Highlands e ci preparavamo a tornare nella civiltà.

Le foto che seguono le ho scattate tutte in quella mezza domenica passata in questo angolo di Scozia, terra straordinaria che ancora continuava a stupirci e incantarci.
Non abbiamo incontrato praticamente anima viva lungo le sue stradine di ciottoli e tra le sue facciate calde e ruvide.
Qualche anima l'abbiamo trovata nel posto dove abbiamo mangiato, e qualcun'altra alla chiesetta in cima al villaggio, che nascondeva sul retro un rigoglioso coloratissimo e fioritissimo giardino e tra le sue mura un piccolo charity shop.
Temevo il contrario, a dire il vero.
Di trovarlo affollato di gente e visitatori della domenica, dal momento che è uno dei villaggi sotto la tutela del National Trust dal 1930 ed è conosciuto come uno dei (o probabilmete IL) villaggi meglio conservati della Scozia.
Metteteci pure che qui sono state girate delle scene di Outlander (che io non ho visto quindi non posso parlarvene nè bene nè male) i nostri timori di ritrovarci in un borgo assediato da turisti erano più che fondati.

Fortunatamente invece così non è stato, e anche questa che poteva essere una meta inflazionata ci ha riservato un'accoglienza degna di tutto il resto del viaggio e di tutti quegli angoli di Scozia solitaria e aspra, ruvida e schietta, silenziosa e selvaggia che ci ha portato via un pezzo di cuore.
Toccherà tornare a riprenderselo un giorno.
Anche se so già che ne lasceremo un pezzo ancora più grande, quando ricapiterà.

E ora, basta chiacchiere, buona visione😊.






























Le prossime foto non sono invece state scattate a Culross, ma in altro minuscolo villaggio. 
Più che un villaggio era un incrocio con qualche casa, un pub, due botteghe e un benzinaio con il suo minimarket di ordinanza, che fa anche da ufficio postale, come spesso se ne incontrano in giro per la Scozia. 
Non sono molte, e anche se sono state scattate altrove, ho pensato che, con i loro cieli cupi e la loro variopinta bellezza stessero ci stessero proprio bene alla fine di questo post. 







mercoledì 15 gennaio 2020

il Natale appena passato, da queste parti

Se c'è chi inizia a parlare di Natale già da settembre, 
se sugli scaffali troviamo panettoni e pandori prima ancora che sia Halloween, 
se c'è chi fa l'albero a novembre, 
non ci sarà nulla di male se io mi metto scrivere post natalizi in una grigia e bigia mattina di metà gennaio. 
Giusto?

Mi è venuta voglia di scrivere, un po' più a lungo di quella manciata di righe che altri luoghi virtuali mettono a disposizione. 
Mi sono accorta che la memoria della reflex era zeppa da scoppiare di istanti, semplicissimi, ordinari e quotidiani come sempre, ma non per questo meno speciali o importanti, anzi.
 E che non sapevo scegliere quale lasciare fuori, se avessi voluto raccontare questo Natale appena passato. 
Mi sono detta che questo Natale appena passato io avevo voglia di raccontarlo, una volta ancora.
Per immagini e parole, istanti e ricordi, come già tante altre volte ho fatto.
Non che ci fosse nulla di nuovo, o diverso, da raccontare rispetto al Natale prima, e a quello prima ancora.

Ma per me la magia del Natale in fondo sta tutta lì, non mi stancherò mai di dirlo, e di scriverlo.  

Nei ricordi che diventano memoria.  
Nelle abitudini che diventano tradizioni.
Nelle banalità che diventano certezze.
Nel celebrare la normale quotidianità con cura, e sì, quell'attenzione in più, che si meritano le pareti di questa casa, e le nostre famiglie, e i nostri giorni. 
Nel ritrovare i soliti vecchi gingilli, e addobbi e balocchi dentro scatole polverose, e vederle riprendere posto negli angoli di casa, e nelle pieghe dei giorni. 
Nel decidere che i miei figli, che presto non saranno più tanto bimbi, non possono rischiare di uscire dall'infanzia senza aver mai avuto un calendario dell'avvento come si deve, con sorpresine, regalini, bigliettini, fiochi e controfiocchi.
E allora la mamma austera e sobria che spesso alberga in me si è fatta il regalo più bello: concedersi di cambiare idea. 
E ha preso 48 sacchettini di carta, di quelli del pane, ma piccini picciò.
Ha iniziato a scriverci i numeri, e farci i disegnini, quando loro non erano in casa, o di sera tardi sul divano, mentre loro dormivano. E poi si è lasciata andare, mattina dopo mattina, godendosi il loro stupore, sorpresa dopo sorpresa. 


E giorno dopo giorno ho ritrovato quella frenesia che accompagna l'attesa.
Quel cuci-cuci, cuoci-cuoci, taglia-taglia, colora-colora, inforna-inforna che nel linguaggio shaulico viene chiamato "Dolce far molto", fatto da pochi ingredienti, sempre gli stessi da anni, che ci tengono compagnia in lenti pomeriggi in cui il tavolo del salotto è invaso da una pacifica brigata di forbici, colla, pennelli.
E il pavimento ricoperto di fili, ritagli di carta, brillantini sparsi e gocce di colore ele arance stanno nel forno a seccare.
Assieme a quello di zenzero e cannella dei biscotto di pan pepato e delle infinite tazze di tisana il loro profumo è il profumo di dicembre, ogni anno sempre di più.
Così i giorni scorrono via lenti e indaffarati in equilibrio perfetto, che è un prodigio che solo dicembre sa compiere.










Anche quello di farmi riprendere in mano ago e filo, e ricamare, è un prodigio che dicembre riesce sempre a compiere.
Ritrovo sempre quella spinta a creare, vivace ma lenta, da cui nascono poche cose, ma tanto preziose per me.
Questi telai di iuta e panno li ho fatti per il mercatino di Natale della scuola. Li avevo finiti quando ormai il sole era già sceso, ed era troppo buio per fotografarli bene.
Così il mattino dopo, prima di portarli a scuola, mi sono presa il tempo di uscire in terrazza e scattare qualche foto.

E ci ho preso gusto a fare foto, perchè la luce di dicembre sa essere magica, e i momenti da catturare, quando arriva dicembre, sono talmente belli che no, non si possono lasciare lì.
Così mi sono portata via le gocce di pioggia sui petali dei ciclamini.
E le nostre mani, sempre indaffarate, e i tanti biscotti, come ogni anno, eppure riescono sempre a sembrarmi bellissimi.
Deve pensarla così anche mia figlia, che sempre più spesso mi chiede la reflex, e inizia a scattare.
E molte delle foto qui sotto le ha fatte lei, ma a volte fatico a riconoscere quali sono mie, e quali sono sue, tanto mi piace, e mi ritrovo, nel suo occhio e nel suo modo di cogliere dettagli.




















Una mattia invece ti svegli e ti accorgi che tra una teglia di biscotti e una stella ricamata, tra una pioggia di brillantini e una candela accesa sul tavolo quasi siamo arrivati alle soglie del Natale, a quel momento che ogni anno aspettiamo e prepariamo con cura, emozionandoci come bambini.
Prepariamo lo spuntino per il caro Buon Vecchio Babbo, e poi si va a dormire.
Chiedendoci se passerà anche questa volta, se ci porterà quello che avevamo chiesto, se gli piacerà lo spuntino, se ci lascerà anche quest'anno una lettera, come ha promesso.

Il mattino dopo l'emozione e lo stupore sono sempre più grandi, di anno in anno.
Velati, solo in parte, da una leggera patina di malinconia.
Perchè questi dieci anni da mamma sono volati via più veloci di quel che temevo, e questi presto saranno davvero solo racconti  e ricordi.
Ma il presente è qui, e ora. E questo qui e ora, questo giorno di Natale appena iniziato, è luminoso e tiepido.
In cucina è tutto uno spignattare, i passatelli sono stesi sul tavolo, in attesa di tuffarsi nel brodo, che da un paio di ore borbotta sul fornello.
La tavola è apparecchiata, la mia bimba ha preparato i segnaposto per tutti, io ho preso i calici delle occasioni speciali e prima che arrivino i nonni e gli zii ci toglieremo pigiami e grembiuli, e indosseremo i vestiti belli, e mangeremo cose buone, e brinderemo.

Perchè è anche questo che amo del Natale: rendere speciale ogni cosa che ci pare normale.
Celebrarla con cura e attenzione, preparando cibo e sorprese, addobbando casa e mettendosi anche in ghingheri, sì.
Per quelle stesse persone con cui ogni giorno condividiamo fatiche e pensieri, preoccupazioni e noie, quotidiane incombenze e infinite speranze, occhiaie e mal di pancia, domeniche in pigiama e sbadigli al mattino.












E poi ci si è seduti a tavola. E si è iniziato a mangiare, e a bere, e a chiacchierare, e a ridere, e ad aprire pacchetti, e sbucciare mandarini,e a giocare a Dixit (lo conoscete? beh, dovreste 😉, è bellissimo!), e via così.
E poi è iniziato quel tempo lento e vuoto delle vacanze.
E si è dormito, tanto.
Gironzolato un po'.
Riordinato molto.
Riposato di più.
Lasciato un po' il mondo fuori dalla porta, e acceso le lucine ogni sera, quando calava il sole.
Ogni giorno un po', pochissimo, più tardi del giorno prima.

Nulla di più, niente meno.
Pare addirittura che la sottoscritta abbia un giorno, seduta a tavola, non ricordo bene se a colazione, pranzo o cena visto che le coordinate temporali erano già andate perdute il 20 dicembre, se ne sia venuta fuori con una dichiarazione parecchio inusuale.
"Certo che a volte ci vuole proprio. Passare le vacanze a casa, senza partire, senza viaggiare. Si sta proprio bene."
Marito mi ha perfino chiesto di ripeterlo, e mi ha addirittura fatto un video col telefono, mentre lo ripetevo, tanto inconsueto dev'essere stato sentirmelo dire. 
Ed è vero, lo direi ancora e ancora, nonostante la mia insaziabile voglia di fare la valigia e andare.
Perchè la verità, in verità, è che davvero, quando stai bene, anche il tuo piccolo, semplice, ordinario modo quotidiano è un bellissimo posto in cui andare in vacanza. E si mangia pure bene, dicono 😊.



Qui sotto una breve lista di link a vecchi post dove potrete trovare spunti e ispirazioni per il prossimo dicembre. 

Ricetta del pan pepato per fare i biscotti, e un'idea regalo facile e veloce. 

Arance secche: come farlo nel forno di casa.

Lettere da Babbo Natale: una delle più belle che mi abbia mai scritto. 

La borsa per fare le spese: un tutorial facile facile per un regalo da fare a mano per nonni, parenti e amici.

Dolce Far Molto: la mia ricetta natalizia.

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