lunedì 23 maggio 2016

my spring quietbook


Ultimamente ho addosso la non troppo gradevole sensazione di essere sempre in ritardo.
Scoprire cose quando, ops, troppo tardi, mi dispiace.

O di essere arrivata troppo presto a certi quid ed aver rinunciato troppo presto ad opportunità, sfide, occasioni che nel giro di poco tempo scopri essere perfettamente e proficuamente colte da altri.

Insomma, non sono mai sul pezzo.
Procedo con i miei ritmi, le mie insicurezze, e le titubanze, e i dubbi, e la cocciutaggine, e le punte d'orgoglio, e le spugne gettate e le occasioni non colte.

Sempre lì lì, piena di idee che poi non riesco mai a far sbocciare.

Un po' come questa primavera che stenta. Come questa primavera che c'è e non c'è e quando si sarà decisa a restare sarà ormai estate. Ci rivedremo il prossimo anno, chissà.

Per esempio i miei tempi bradipi, la mia proverbiale lentezza di cui io mi faccio vanto, ma che temo essere poco in linea con il mondi lì fuori, mi fanno pubblicare un libro sulla primavera ad un mese dall'inizio dell'estate.
Ho cucito questo libro seduta al sole, quando c'era, ma soprattutto nel silenzio della casa mentre fuori pioveva. E pioveva, pioveva, pioveva. Come in questo esatto momento in cui seduta al pc scrivo queste righe.
L'ho cucito ascoltando soprattutto questa musica qui, la colonna sonora ideale per u giorno di primavera.
Vi consiglio di metterla su, mentre leggete le prossime righe.
Poche righe e tante foto per raccontare e mostrare il mio ultimo quietbook, tutto fior, prati, insetti.

Alberi in fiore, delicati e lievi sui rami spogli che si risvegliano dal riposo invernale.
Le rondini che tornano, e se una rondine non fa primavera, ho sperato che due bastassero.
La brezza nelle giornate terse, che fa volare in alto aquiloni e risate gaie.
I lavori in giardino: zappa, rastrella, semina, innaffia: spuntano germogli e nuova vita, la primavera è questo che fa.




E poi finalmente si va per prati e campi a raccogliere fiori, quelli selvatici e spontanei, e si fanno mazzolini da portare in casa.
Intanto nei prati, tra foglie e fiori è tutto un fermento di vita, battiti d'ali, ronzii e piccoli tesori nascosti.


Tesori preziosi come deliziose primizie, da cogliere e gustare, distesi sul prato, ad occhi chiusi, il cielo grande sopra  e aria profumata e leggera tutt'intorno.


Come sempre nei miei libri di panno ogni pagina prevede dettagli e particolari con cui il bambino può interagire e che stimolano così la percezione sensoriale, la coordinazione oculo-manuale, la motricità fine e lo sviluppo del linguaggio.

Come sempre nei miei libri di panno cerco di metterci tutta la cura e la passione per i dettagli di cui sono capace. Con estrema lentezza,  e infinita delicatezza.

Potete ordinare questo mio quietbook nel mio shop su Alittlemarketitalia, a questo link.

Rispetta il mio lavoro. Questo post non è un tutorial. La copia e la riproduzione di questo libro e di queste foto sono pertanto vietate.

martedì 17 maggio 2016

cantando la la la. come un allegro motivetto



"Piacere, Shaula."
E' così che mi presento. Perchè è così che mi chiamo.
Spesso la conversazione poi vira bruscamente verso l'interragotorio,  con una serie di domande formulate con stupore e curiosità il più delle volte, con malcelata disapprovazione altre.
"Ma che nome è? ma da dove viene? e come si scrive? e cosa vuol dire? e come mai? e perchè?"
Allora parte la storia, sempre quella, da trent'anni o giù di lì.
"E' il nome di una stella. Dello Scorpione.
Con l'acca, come shampoo.
Vuol dire pungiglione, cosa appuntita. Eh sì, è la stella che sta sulla coda della costellazione.
No da qui non si vede purtroppo, è troppo bassa all'orizzonte. Ma è la ventiquattresima di tutto il cielo per luminosità, mica pizza e fichi.
Oh no, non l'hanno scelto per questo i miei.
L'hanno trovato scritto su una barca, in un porticciolo qui vicino. Probabilmente un peschereccio! ahahaha...
No, non sapevano cosa fosse e nemmeno cosa volesse dire. Oh, mi è andata bene sì, poteva essere una qualsiasi imprecazione marinaresca in chissà quale lingua. E invece, toh, mi chiamo una stella."


Ci sono abituata, fin da quando ero piccina. E mi è sempre piaciuto, fin da quando ero piccina. 
Ricordo che in certo periodo, verso i  cinque, sei anni giocavo in cortile alla paladina dello spazio, una sorta di supereroe, mezza fatina mezza aliena, che correva a cavallo tra le stelle e i pianeti per salvare l'universo da tragedie, catastrofi e pericoli di varie entità.
 Zompettavo in giro per il cortile, in groppa a questo immaginario cavallo alato tra i fiori di nonna, i gatti che sonnecchiavano al sole e il legname di papà e nonno accatastati appena fuori dalla falegnameria.
Erano momenti belli. Spensierati, giocosi, allegri. L'artificio del gioco, la magia del "far finta che", come un incantesimo gettato sopra a quel piccolo mondo ordinario, una formula magica capace di portarmi in mondi lontani.
Una formula magica che credo di non aver mai smesso di pronunciare.
La la la.
E' come indossare un paio di lenti, che mettono a fuoco solo le cose belle.
Come una pellicola fotografica, su cui si imprimono solo gli attimi sereni.
Come una penna capace di scrivere solo alcune parole.
Quando ho aperto questo blog, in un tranquillo pomeriggio di luglio di quasi tre anni fa mentre i bimbi dormivano, non sapevo bene dove sarei andata a parare.
Ricordo però che ne avevo davvero una gran voglia. Ci pensavo e giravo attorno da un po', e quel giorno in quattro e quattro mi son messa sul divano, pc sulle gambe, e l'ho fatto.
Se sui contenuti le idee non erano ancora chiare (a dire il vero non lo sono nemmeno ora...anzi), sul nome non avevo dubbi.
Si sarebbe chiamato come me.
In questo mondo virtuale in cui tutti sembrano volersi o doversi celare dietro nickname, pseudonomi, identità segrete e incognite io mi ci sono affacciata senza maschera, ma non senza filtri, con il mio vero nome.
Avrebbe avuto il mio nome, con quella sillaba finale ripetuta, a mo' di allegro motivetto.
La la la.
Un ritornello, di quelli che ti entrano in testa e non ti lasciano più.
Come in tante delle canzoni che ascoltavo sedicenne, giovane e piena di belle speranze, e a cui mi divertivo aggiungere quella "u" nel mezzo. E cantandole ancor più forte, ancor più stonata.
Le sto anche raccogliendo in una playlist, e man mano che mi vengono in mente le aggiungo. Alcune sono terribilmente nelle mie corde, altre meno, ma in tutte aleggia quel senso di dolce spensieratezza, un'allegria pacata, mai eccessiva, a volte anche un velo di malinconia, di nostalgia, ma sempre con una punta di carica positiva.
Come quelle lenti, come quella pellicola, come quella penna.


Anche in questo blog poi col tempo mi sono resa conto che sebbene non ci fossero dei contenuti uniformi per tema/argomento/ambito quel che ci raccoglievo qui era comunque intriso di quel la-la-la mood di cui non posso proprio più fare a meno.
Un'antologia di piccole cose, un almanacco di semplici momenti, un trionfo di piccoli incanti quotidiani.
Come raccontavo qui.
Per me i giorni migliori, quelli che poi ricordo a lungo, con una nota di dolce malinconia e infinito piacere, sono i più semplici.
I normali ed ordinari giorni di tutti i dì.
Quelli in cui aleggia nell'aria un delicato profumo di serenità, come quello del mughetto. 
Quelli in cui le piccole cose hanno la meglio su pensieri, preoccupazioni, ansie, scadenze ed insoddisfazioni. 
Come andare al mercato, al mattino presto e passeggiare tra i banchi con calma, scegliendo con cura primizie e golosità. E poi tornare a casa e cucinare, aspettando il momento in cui, finalmente, ci si ritroverà attorno alla tavola.
O prendere le bici, pedalare tra i campi, e poi fermarsi per un pic-nic sull'erba, e poi magari pisolare un po'.
La domenica salire su un treno, scegliere una meta vicina, passeggiare, mangiare qualcosa, andare ad un museo, e tornare a casa con gli occhi pieni di bellezza, e farne tesoro.
Un sabato piovoso passato sul divano a leggere sorseggiando una tisana calda, guardare un film, ingozzarsi di pop-corn, lavorare a maglia col gatto che ronfa acciambellato sui piedi.
Una grigliata con gli amici in una sera d'estate, una partita a carte, due tiri a pallone, molte chiacchere, infinite risate.



Ho decorato e ricamato una borsa pensando proprio a una delle mie giornate ideali.
Ma sono certa che ognuno di noi ha la sua giornata la-la-la, costellata di delizie e piaceri.
Per ognuno diversi, per ognuno assolutamente irrinunciabili.
Mi piacerebbe riuscire a ritrarle, queste giornate, queste collezioni di perle preziose, raccolte nel guscio opaco dei giorni che si accavallano.
Vorrei tradurli in panno e filo questi lalaladì.
Non solo i miei, ma anche quelli di chi abbia voglia di celebrarli, di appenderli al muro, di portarseli appresso, magari in una borsa in cui mettere queste perle preziose.
Io sono qui,  tutta orecchie, ago e filo per chiunque voglia raccontarmeli.


A questo link invece potete sentirle la playlist di brani "shaulalala" che sto raccogliendo.
Vi chiedo anche un piccolissimo piacere: se ve ne vengono in mente altre di canzoni in cui ad un certo punto scatta lo "shalalala" me le segnalate? Va benissimo qui nei commenti, o via mail.
Grazie! ;-)
Questa invece è una raccolta di canzoni che sono la perfetta colonna sonora di un lalaladì!










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