giovedì 28 novembre 2013

in Provenza: Fontaine de Vaucluse

Era estate, faceva caldo, eravamo in vacanza.
Tutto l'opposto di adesso.
L'esatto contrario.
Ma come sospettavo quando ho iniziato questa serie di racconti provenzal-vacanzieri, tornare a quelle giornate, ripercorrere gli itinerari, rivedere posti e paesaggi e le nostre facce abbronzate e felici, si sta rivelando un ottimo antidoto contro lo spleen da brume autunnali, un efficace palliativo per affrontare questi molesti malanni di stagione e per tener acceso il cero della speranza...tornerà, prima o poi, l'estate.

E quindi oggi tocca a...Fontaine de Vaucluse, Mesdames et Messieurs!

Uno dei piccoli borghi in cui siam capitati senza averlo programmato.
Una delle piccole e splendenti chicche che quel viaggio ci ha regalato.



mercoledì 27 novembre 2013

un calendario

Da quando siamo diventati mamma e papà e i nostri mamma e papà sono diventati nonni a Natale andiamo sul sicuro.
Il regalo è sempre quello.
Un calendario con le foto dei bimbi, una per mese.
A gennaio una foto del gennaio precedente, a febbraio una del febbraio precedente e così via.
Non lo facciamo stampare, preferiamo farcelo da noi: cartoncini colorati, forbici, colla, qualche decorazione e le foto attaccate solo con qualche punto di scotch di carta, che se una foto piace particolarmente la si può staccare e mettere in cornice.


Nel "lontano" 2012 avevo trovato dei calendari molto basic, neri e semplicissimi, quindi personalizzabili a piacere, quasi perpetui visto che non erano nemmeno segnati i giorni della settimana, e avevo fatto incetta.
Ne ho ancora due, e per fortuna basterà coprire quel 2 con un 4 e quest'anno saranno ancora validissimi.
Uno sarà per Cora e uno per Zeno.
Ci sbizzarriremo per tradurre in colore quel che ogni mese porta con sé.
Come avevo già fatto con Cora: avevamo cominciato con il gennaio 2012 a Casavecchia e avevamo proseguito, a ottobre, a Casanuova.
Ma gli ultimi due mesi dell'anno scorso non sono stati piacevoli.
La notte si dormiva poco o nulla; questa casa era grande, vuota, bianca ed anonima; io mi affaccendavo tutto il giorno per darle forma e colore senza giungere a capo di nulla, gran parte del mio armamentario creativo se ne stava inscatolato fra le cataste della nostra vita giù in garage...e tutto si arenò.
L'anno finì senza dare un volto a novembre e dicembre.
In questi giorni abbiamo rimediato.
A Zeno novembre, a Cora dicembre.
Anzi con Zeno e con Cora.
Ovviamente c'è anche il mio zampino, ben impiastricciato di colla e pittura, dietro questi piccoli quadretti, chè, sì insomma, i miei bimbi erano-sono ancora piccolini.
Ma fare assieme le cose ci piace, e come ho spesso sottolineato il "lavoretto" in sé e per sé è solo un pretesto per scoprire, creare e sperimentare: oltre alla realizzazione dello stesso c'è il piacere di fare e di muovere le mani fine a sé stesso.
La manipolazione di materiali diversi, le suggestioni visive, tattili, olfattive e sonore che sanno stimolare è quel che conta, il resto fa da cornice e il risultato finale fa da ricordo.
Se  quest'anno avete voglia di farne uno anche voi, ecco qualche suggerimento.



Gennaio: sotto la tormenta.

Il collage casetta-alberi-nuvole è opera mia.
Anche i fiocchi ditate di neve.
La tormenta che si è abbattuta sulla casa è invece opera di Cora.

Occorrente:
carta, forbici, colla stick e colori a dita, bianco ovviamente.


Febbraio: ogni pastrocchio vale.

Qui io ho solo steso sul foglio uno spesso e abbondante strato di colla e acqua.
Ah no, ho anche soffiato qualche stella filante, sorridendo al pensiero che l'anno prima a Cora facevano paura.
Lei ha ricoperto il foglio di mucchi di stelle filanti che aveva precedentemente ridotto in brandelli.
All'inizio l'effetto era molto più 3D...il peso dei mesi ha schiacciato il tutto.

Occorrente:
stelle filanti, colla liquida.


Marzo: che fretta c'era!

C'era fretta sì, eccome!
La nascita di Zeno era prevista per metà mese, quindi ci siamo messe d'impegno per tempo.
Ricordo che ho assaporato, con paura e dolcezza, quegli attimi di colore con Cora, io e lei sole, e tutto il nostro tempo, calmo, placido, silenzioso.
Le incognite erano tante: ci aspettava un grande cambiamento, un turbinio di emozioni e la vita che sarebbe sbocciata da lì a poco, come la più grande delle primavere ci avrebbe svegliate una mattina, all'improvviso.
Io ho ritagliato le forme, Cora, già più grandicella, mi ha aiutata ad incollarle.

Occorrente:
carta colorata, carta velina per i fiori, colla liquida, ma anche in tubetto, volendo.


Aprile: chi ha rotto le uova?

C'era un neonato, di 15 giorni poco più, in casa.
Carta e pennarelli erano un progetto già abbastanza ambizioso.
Poi io ho tagliato e lei ha incollato.
Risultato più che dignitoso, vista la situazione in cui stavamo.


Maggio: fiorivi, sfiorivano le viole.

Anche in questo caso idea semplice semplice.
I fiori li ho fatti io, Cora si è goduta lo spaciugo pittorico sul foglio e oltre.

Occorrente: pittura a dita prima.
Acqua e sapone poi.


Giugno: natura secca.

Questo me lo ricordo come fosse ieri.
Era sabato mattina, o domenica, comunque c'era Paolo a casa, quindi weekend.
Zeno dormiva e io e Cora ne avevamo approfittato per fare due passi tra i campi attorno a casa, sole solette.
Avevamo raccolto spighe, papaveri, fiori di campo e fili d'erba.
Una volta risalite in casa, mentre Paolo preparava il pranzo, abbiamo creato questo piccolo erbario, che continua a resistere, riempendomi il cuore di nostalgia e il naso di fieno ogni volta che lo guardo.

Occorrente: un prato di campagna, una passeggiata e un rotolino di scotch.


Luglio: col bene che ti voglio.

Ti voglio bene e ti voglio al mare, pensavo in quei giorni torridi, afosi e interminabili.
Al mare non saremmo andati prima di settembre...
un sacco di tempo per fare collage a quattro mani e sognare una barchetta con cui salpare.

Occorrente:
carta, forbici, colla.


Agosto: casa mia non ti riconoscono.

Il trasloco aveva inizio.
Si riempivano scatoloni e si portavano via.
La casa si svuotava e l'afa sfiancava.
Non ne è uscito niente di meglio di questi due gelati al pennarello.


Settembre: un chicco per i tuoi pensieri.

Questo l'abbiamo fatto a Casanuova.
Un grande classico autunnale.
Tempo di raccogliere quel che è maturato al sole.
Ancora un po' di pazienza e un vino dolce e leggero ci delizierà.

Occorrente:carta, forbici, colla.
Il grappolo viene assai bene anche con tempera e tappi di sughero, ovviamente, da usare come timbrini.


Ottobre: tempo di castagne.

Un altro grande classico.
In questo caso io ho solo ritagliato la castagna.
Cora ha pensato al resto.

Occorrente: carta e acquarelli.
E pennelli.


Novembre: anzi pio-vembre.

Perché questo novembre, almeno qui da noi, è stato clemente, uno dei meno piovosi che io ricordi.
Qualche nuvola a matita, e poi strisce di pioggia che vengono giù.
Zeno ha scarabocchiato un po', ma soprattutto ne ha approfittato per picchiettare la matita sul tavolo.
Come uno scroscio su un ombrello teso.



Dicembre: we paint you a Merry Christmas

Questa è, quasi, tutta opera di Cora.
Lei ha colorato di bianco i fogli rossi e verdi, da cui ho ritagliato l'albero e le palline.
Tubetto di colla in mano lei ha fatto il resto.

Occorrente: carta bianca, rossa e verde.
Colori a dita, bianco.
Forbici e colla.
E un po' di mood natalizio.
Che ormai è tempo ed ora.

lunedì 25 novembre 2013

dai che è lunedì

E' l'alba. O giù di lì.

Lascio dormire i bimbi ancora mezz'ora, forse c'è sciopero, alle 8 chiamerò a scuola per sapere.
Ieri sera ho chiesto a Paolo di lasciarmi un promemoria sul tavolo, per ricordarmi di telefonare.
Lui ha provveduto così, con tutta la sua naturale simpatia, che riesce a tirar fuori nonostante i miei musi lunghi e le mie lamentose sbuffate.


Mi prendo questi dieci minuti per fermarmi un attimo qui.

Perché nell'ultima settimana il tempo è sembrato restringersi come un maglione, bello, irreparabilmente infeltrito.
Eppure ne avrei cose da scrivere.
Ce ne sono di cose che vorrei dire.

Vorrei parlare di questa crisi, che onestamente m'ha rotto: solo un altro ottimo pretesto per tenerci tutti al cappio, mal pagati, insicuri, precari, timorosi, solo un altro espediente per far star meglio chi già stava bene e spingere giù di un altro gradino, anche due, chi già stava male.

Vorrei parlare della creatività che mi sento scorrere nella dita, e dell'estrema difficoltà che ho a trovare del tempo per trasformarla in qualcosa di più.

Vorrei raccontare, di me, di quel che era di me, e di quel che sarà.

Vorrei dire, a lettere chiare e tonde, cosa ne penso dell'alto contatto.
Di come spesso il suo senso più profondo venga frainteso, banalizzato ed estremizzato.
Perché a volte leggo e sento cose che mi lasciano davvero perplessa...e penso anche che non facciano bene alla "causa".

Vorrei parlare di musica.
Infilare qui, in questo mio piccolo spazio, tanti di quei consigli per gli ascolti che non vi basterebbe una settimana per ascoltarli tutti.

Vorrei tracciare qui il filo dei miei ricordi, anche i più banali e cari.
Quei piccoli istanti, meravigliosi, che con cui i miei due figli  mi riempiono la vita.
Per ricordarmi che non ci sono solo i capricci, le sfuriate, i giochi disseminati ovunque, le marachelle a giro continuo, i pianti inconsolabili.
Perché a volte faccio fatica a vederci chiaro anch'io.
Perché sono sole ma anche luna. Inguaribilmente luna e  fortunatamente anche sole.
E se passi di qua, sappi che questa era per te.
E sappi che era un abbraccio.

Vorrei scrivere tutte le magnifiche perle che escono dalla bocca e dall'inesauribile fantasia di Cora.
Perché è un peccato tenerle solo per noi, appese a quel foglio ormai stropicciato sul frigo in cucina.

Spero di riuscire a tornare qui presto, questa settimana.
Come direbbe Cora, "ci vediamo a mezzaluna".


mercoledì 20 novembre 2013

in Provenza: beaux villages

Viaggiare con un bambino, specialmente se molto piccolo, significa viaggiare lenti e volare bassi.
Niente programmi dettagliati, banditi itinerari densi dai ritmi frenetici e serrati, grande flessibilità e qualche etto di "vabbè...sarà per un'altra volta".
Perché qualcosa di quel poco che volevamo comunque assolutissimamente vedere salterà.
Perché l'imprevisto è dietro l'angolo e anche una tabella di marcia di un paio d'ore può saltare da un momento all'altro.
Quando siamo stati in Provenza con la nostra piccola viaggiatrice undicimesenne al seguito avevamo previsto solo alcune mete assolutamente imperdibili: campi di lavanda, ocre, capatina in Camargue e isola di Porquerolles.
Tutto il resto sarebbe venuto da sé, bighellonando qua e là e scegliendo mete e itinerari giorno per giorno.
Soprattutto borghi e villaggi: la Provenza ne è letteralmente costellata.
Difficile scegliere sulla carta, così a scatola chiusa, sembrano tutti così affascinanti, genuini e "oh guarda lì, su quella porta di legno sotto la pergola di glicine...c'è scritto vendesi! facciamo, compriamo, cambiamo vita?!? sì sì sì adesso dai..."
Ecco ce n'è proprio tanti, di più piccoli, più grandi, mezzi disabitati, o assediati da pullman di turisti, arroccati, sul fiume, tra i campi...per tutti i gusti, a patto che vi piaccia il genere.
Alcuni dei borghi i cui siamo stati appartengono ai "plus beaux villages de France", l'equivalente della nostra associazione dei "cento borghi più  belli d'Italia".
Non ci hanno affascinato tutti allo stesso modo, ma un paio si sono rivelati delle deliziose chicche.


venerdì 15 novembre 2013

a volte basta poco: un chilo di fagioli

Un chilo di fagioli basta a risolvere la cena.
E anche il pomeriggio.
Se poi il pomeriggio appartiene alla pregiata specie "tiepide giornate d'ottobre" il piccolo terrazzino della cucina diventa un luogo straordinariamente gradevole dove stare.


Un chilo di fagioli è il lasciapassare per un tuffo nel passato, un biglietto di andata e ritorno a cavallo di un flashback.
Piccoli ricordi da snocciolare tra le dita.

mercoledì 13 novembre 2013

in Provenza: il mercato

Nulla è provenzale come il mercato provenzale.
Davvero: è la tipicità fatta bancarella e passeggiata con il sole in fronte, cappello in testa e borsa di paglia in spalla.
Colorate, ordinate, piene zeppe di cose ma mai caotiche.
Belle da vedere, buone da odorare, irresistibili da fotografare.
Ogni città, paese, villaggio ha il suo mercato settimanale.
Per mio gusto personale più piccolo è il villaggio e meglio è: tutto assume un'aria più familiare e raccolta, passeggiando tra le bancarelle la sensazione di poter restare a vivere lì per sempre, ogni giorno della vostra vita, tra semplici piaceri e voluttuosa calma, s'impossesserà di voi.
Svegliarsi presto al mattino,  quando al primo raggio di sole la prima cicala dà il la e dagli alberi fuori dalla finestra la banda attacca la sua sinfonia e prima del tramonto non si placherà.
Una deliziosa colazione, sul terrazzo, un vestito leggero e impalpabile, e via verso la piazza.
Passeggiare, sbirciare, curiosare, assaggiare, annusare, riempire borse e occhi di colori e sapori.
E poi di uovo a casa, uno sfizioso pranzetto a base di formaggi, tapenade, pane caldo di forno, pomodori e zucchine, una fetta di melone dolce dolce agghindata da del saporitissimo prosciutto.
Sorseggiando un calice di vino fresco.
Ah...quella sì che era vita...
Non aggiungo altro.
Lascio che siano le immagini a parlare.
Istantanee più che eloquenti, che riescono a riportarmi qui un odore, un profumo, un sapore.
Vivide e accese suggestioni che il tempo non sbiadisce.



lunedì 11 novembre 2013

san martino: a cavallo tra i ricordi

Oggi è lunedì.
Oggi è San Martino.
Qui dalle mie parti, Venezia e dintorni, si festeggia parecchio.
A casa mia non è mai mancato il classico dolce di pasta frolla, ricoperto di glassa e costellato di cioccolatini, caramelle, sfizi e golosità e quelle tremende palline argentate di zucchero che spaccano i molari.
E se a più a nord di qui, Germania e limitrofi, per tradizione i bambini sono soliti fare una passeggiata all'imbrunire portando le loro luminose lanterne, dalle nostre parti la processione ha dei toni un po' più caciaroni.
Non lanterne, ma pentole, coperchi e mestoli, da sbattere con gran fracasso andando di porta in porta a chiedere monetine o dolcetti.
Cantando questa dissacrante filastrocca:

San Martin xe 'ndà in sofita
a trovar la so novissa.
So novissa no ghe gera,
el xe 'ndà col cuo par tera
viva viva san Martin
Viva el nostro re del vin!

San Martin m'ha mandà qua
che ghe fassa la carità.
Anca lu col ghe n'aveva,
carità el ghe ne fasseva
Viva viva san Martin
Viva el nostro re del vin!

Fè atension che semo tanti
E gavemo fame tuti quanti
Stè tenti a no darne poco
Perché se no stemo qua un toco!

Se si riceve qualcosa si prosegue così:

E con questo ringraziemo
Del bon anemo e del bon cuor
'N altro ano tornaremo
Se ghe piase al bon Signor
E col nostro sachetin
Viva, viva S.Martin.

Se invece non arriva nulla si risponde così:

Tanti ciodi gh'è in sta porta/
Tanti diavoli che ve porta
Tanti ciodi gh'è in sto muro
Tanti bruschi ve vegna sul culo.
E CHE VE MORA EL PORSEO!

...che adorabili marmocchi!...

Quand'ero bambina il San Martino lo comprava mia nonna, al panificio.
Lo portava a casa, aspettavamo la sera per mangiarlo, dopo cena, e i grandi lo gustavano accompagnato ad un bicchiere di vino.
Lo si trova dappertutto, il cavallo goloso e il suo generoso benefattore che tagliò il mantello in due per donarlo a un povero.
Panifici, pasticcerie, supermercati, bar: ovunque c'è, in vari formati, da quello da coppietta alla versione grande famiglia.
Da quando conosco colui che è diventato mio marito e padre dei miei figli il San Martino non lo si compra più.
Si comprano farina, uova, burro, zucchero e golosità.
Si impasta, si stende, si intaglia, si inforna, si decora di ghirigori al cioccolato e croccanti sfizi.
In famiglia o in compagnia.
Posso ripercorrere a ritroso gli ultimi anni a suon di pasta frolla.

Quest'anno abbiamo invitato una coppia di amici a farlo con noi.
Nella pancia di lei c'è un piccolo piccolo abbozzo di vita, che sboccerà in primavera.
Sarà bello vedere negli anni sempre più bambini, attorno al tavolo ad impastare e a riempire l'aria di nuvole di farina e cacao.

Si comincia sempre con lo stampo.
Con gli anni ho acquisito una certa  dimistichezza e ora vado a colpo sicuro: forme semplici, lineari, pochi dettagli e sagoma bella tozza, così non si spezza e ci sta più roba golosa!


venerdì 8 novembre 2013

giochi per il bagnetto diy

Che bello quando c'era la vasca.
Mi manca la vasca.
Mi manca d'estate, quando vorrei riempirla fino all'orlo di acqua fresca e amido di riso, per salvare me, la mia pressione e la mia circolazione dal tracollo psicofisico da canicola.
Mi manca d'inverno, quando nulla è più desiderabile di un'immersione totale nell'acqua calda, per far sloggiare il freddo dalle ossa a colpi di vapore al bagnoschiuma e condensa sui vetri.
Mi manca quando è ora di fare il bagnetto ai bimbi.
Nella doccia non è facile per niente.
Mi lavo più io di loro.
La schiena non si spezza. Si sbriciola proprio.
Il pavimento è una pozza, scivolosa e piena d'insidie.
Un sacco di buoni motivi demotivanti che rendono a volte ardua questa tanto raccomandata impresa dell'igiene personale.
Però.
Però vedere quanto se la godono fra spruzzi, guizzi, sbrombole e allagamenti val bene tutta quella fatica.
E allora, quando non siamo di fretta, il bagnetto diventa un vero e proprio impegno del pomeriggio.
Della serie "bambini oggi ci si lava, non ci siamo per nessuno".
Degno di tempi lunghi e attività collaterali, inizia alle cinque e prima delle sette il programma lava-stira-e stendi i pupi non è concluso.
Un ottimo pretesto per proporre attività, per scoprire e imparare divertendosi: igiene sì, fatica no.
Ovviamente perché sia vissuto con agio è necessario comunque un contenitore dove tenerli in ammollo 'sti bambini.
Per ora riesco ancora a farli stare, tutti e due contemporaneamente, in una bacinella da bucato.
Ma ancora per poco...perché crescono.
Mannaggia se crescono.
Fra le attività collaterali del bagnetto vanno sempre per la maggiore i travasi: perché allagare la cucina con ciotole e ciotoline e mestolini quando dobbiamo comunque allagare il bagno?!?
Non c'è bisogno di chissà che materiali, bastano un paio di vasetti dello yogurt, dei tappi di flaconi, dei cucchiai, insomma qualsiasi rifiuto solido, non nocivo..., in grado di contenere dei liquidi, e di versarli anche.
L'altro evergreen sono i pupazzetti di gomma.
Galleggiano, recitano buffe gag, inscenano siparietti e finti annegamenti, se li premi sotto il pelo dell'acqua fan le bolle, se lo fai in superficie schizzano getti d'acqua potentissimi ai danni del malcapitato di turno...fratellino, papà, pareti, accappatoio (non più) asciutto, specchio...insomma divertimento assicurato.
Ma.
In una bacinella da bucato in cui stanno in ammollo due bambini non c'è spazio per molto altro.
Stando al principio di Archimede (oddio era Archimede...quello del solido immerso in un liquido la massa d'acqua blablabla?...) due bambini più allegra brigata di pupazzetti di gomma, in numero mai inferiore alla decina, uguale a poca, pochissima acqua, tendente allo zero.
Il che ha i suoi indubbi vantaggi sul piano dell'impatto ambientale, ma siamo qui anche per lavarci, ricordate?
Inoltre tali simpatici pupazzetti hanno la disgustosa capacità di trattenere liquidi al loro interno anche a fronte di ripetuti ed insistenti tentativi di svuotamento.
Non c'è niente da fare, un filo di umidità, una patina d'acqua rimarrà sempre e comunque al loro interno.
E sì, succederà.
Diventerà muffa.
Bleah.
Io l'ho vista.
Soprattutto in quegli esemplari dalle tinte chiare, la paperella gialla, il granchietto arancione, il delfino azzurro: in controluce rivelano tutto il loro paludoso aspetto interiore.
Quindi sono stati quasi banditi.
Abbiamo la nostra validissima alternativa.


Allegra, colorata, leggera, non ammuffente.
Impermeabile, non trattiene l'acqua, e asciuga velocissimamente.
Si appiccica, da bagnata, alle pareti della vasca, del box doccia,  sulle piastrelle del bagno e anche sulla plastica della bacinella.


Galleggia.

E si attacca e si stacca, tutte le volte che le viene chiesto di farlo.




Uno dei giocattoli fatti in casa con i tempi di realizzazione più brevi che mi sia mai capitato di produrre.
E tra i più longevi in termini di tenuta e appeal ludico.
Un successone.
Per chi volesse provarci ecco le brevi e poche istruzioni da seguire.

 
Procuratevi della gomma crepla.
Si tratta di un materiale gommoso, morbido, leggero, malleabile, si taglia facilmente, si può incollare, cucire, assemblare.
Galleggia, è lavabile e impermeabile.
Insomma un signor materiale.
Ne avevo già decantato le lodi qui, quando l'avevo utilizzato per realizzare delle sewing cards.

Ora che avete i vostri fogli di gomma crepla tra le mani non vi resta che disegnarci sopra delle sagome, qualsiasi forma vi venga in mente, e poi ritagliarle.
Io mi sono buttata su semplici forme geometriche, rettangoli, quadrati, cerchi, triangoli, da combinare tra loro a piacere e fantasia, con l'aggiunta di qualche pesce e un paio di alghette (quest'ultime hanno avuto la peggio però sulla manualità curiosa, investigativa e un po' bruta di Zeno...).





Ecco.
Fatto e finito.
Aprite il rubinetto, riempite la vasca, buttateci dentro i marmocchi e tutte le vostre coloratissime formine di gomma e buon divertimento!











martedì 5 novembre 2013

in Provenza: Isle sur la Sorgue

Isle sur la Sorgue è stato il nostro campo base nella prima settimana di viaggio in Provenza.
Una buona posizione rispetto agli itinerari e i giringiro che avevamo in mente.
Un graziosissimo centro, molta campagna intorno, la fama internazionale di capitale dell'antiquariato, del brocantage e di tutto ciò che nuovo non è.
Un discreto alloggio, nulla di sensazionale, ma comodo e dignitoso, spartano a sufficienza da non svuotarci il portafoglio e da non farci temere che Cora, alle prese con i suoi rapidi gattonamenti, arrecasse qualche danno a mobilia ricercata e ninnoli preziosi.
L'appartamento l'abbiamo scovato scandagliando gli elenchi di Gites de France, e ce lo siamo portati a casa alla, tutto sommato, modica cifra di 410 euro alla settimana.
(Dei pregi e difetti di tale sistemazione ho parlato qui.)

Il centro di Isle sur la Sorgue distava una decina di minuti d'auto dall'appartamento, che si trovava invece in campagna, circondato da campi di girasole.
Quindi ci siamo stati spesso.
A pranzo, al mattino, a cena, a merenda.
Senza mai stufarci.



Cosa fare ad Isle sur la Sorgue?
Una sola cosa.
Ma fatta bene.
Godersi la vita.


lunedì 4 novembre 2013

cohousing, cinque anni dopo

Cinque anni fa.
Un novembrissimo sabato d'inizio novembre.
A Casavecchia s'inaugurava la cohousing.
Si varava questa nave, bizzarramente assortita.
Dalla rotta incerta, ma con a bordo un equipaggio di naviganti entusiasti e motivati.
Anche un po' inconsapevoli ed incoscienti, forse.
Senz'altro non preparati.
Ma chi mai è preparato, davvero, al domani e alle sue mille imprevedibili variabili?
Non lo siamo quando viviamo da soli, tra noi e noi, figuriamoci quando decidi che casa tua non è solo tua e che la tua quotidianità s'intreccerà, fittissimamente, con quella di altre 5, 6, 7, quante?, persone.
E senza un minimo di spavalda e incurante incoscienza non c'è avventura che possa essere vissuta.
A ponderare ipotesi, a riempire borse di se e di ma, si rischia di non andar lontano, zavorrati al terreno dalle nostre sicurezze e dalle nostre paure.
E in quel momento della mia vita un'opportunità tale non andava trascurata, chè mi sentivo parecchio stagnante.
Un centinaio, abbondante, di persone quel sabato erano lì.
Amici, parenti, conoscenti.
A vedere, a capire, a cercar di capire, perché qualche scettico a guardarci c'è sempre stato.
A incoraggiare gli animi e a dar man forte, perché qualche entusiasta a supportarci c'è sempre stato.
Poi il sindaco, qualche autorità, un po' di stampa.
Perché lì, in quel fazzoletto di provincia, in quell'angolo di campagna rimasto intrappolato tra autostrade e capannoni, stava per succedere qualcosa di nuovo, eppure tanto vecchio.
E non si poteva restare indifferenti.

Ieri siamo stati lì, a Casavecchia.
C'è stata una piccola, e quasi intima, reunion.
Una calda rimpatriata, attorno alle solite tavole imbandite.
C'eravamo quasi tutti.
Tranne uno dei vecchi e una coppia dei nuovi.
Chi è entrato per primo e subito, ed è uscito da appena un mese.
Chi ha fatto solo un tentativo, sei mesi, poco più.
Chi ancora c'è, ma presto andrà altrove, dove di sicuro ancora non si sa.
Chi, (noi) lì è entrato in due ed è uscito in quattro.
Chi quella è casa sua e ora per la prima volta in cinque anni si ritrova con la casa quasi vuota.
E per la prima volta questo strano e fortuito meccanismo del turnover sembra essersi inceppato.

venerdì 1 novembre 2013

trenta dì: ottobre

Trenta dì conta novembre,
con april, giugno e settembre,
di ventotto ce n'è uno,
tutti gli altri ne han trentuno.
Istantanee di attimi, luci, colori e sapori che scandiscono il tempo dei mesi che si rincorrono l'un l'altro.
Ottobre, tempo di gran lavorio.
Voglia di fare,allegra e creativa, ha tenuto compagnia alle nostre giornate ottobrine, nonostante, o forse proprio grazie, i primi acciacchi.
La stessa frenesia che mi piace immaginare scorra nei corpicini  agili e scattanti di scoiattoli e ghiri negli ultimi istanti prima del lungo riposo invernale, indaffarati nelle ultime faccende prima della gelida calma dei mesi che verranno.
Le tinte color ocra dell'autunno, portate a casa tempo fa da un bel viaggio, da stendere a colpi di acqua e pennello.


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