mercoledì 7 marzo 2018

trenta dì: febbraio

Febbraio è finito.
Non mi piace mai molto febbraio.
Quel mese dell'ano in cui entrerei volentieri in letargo.
Il più corto dell'anno eppure per me da sempre il più lungo da far passare.
Poi mi dico che passerà anche questa volta.
E che come sempre avere fretta mi sembra la più stolta delle idee.
Perchè alla fine , sì, anche stavolta febbraio è finito.
E mi pare quasi di averne nostalgia.
Nostalgia dei suoi giorni anche cupi, e malinconici, e incredibilmente introspettivi, in cui ho cercato spesso uno spiraglio di luce.


Ho passato molto tempo a ricamare. 
Ho ricamato stelle, lune, e arcobaleni. 
Elementi del cielo, luminosi e colorati, proprio quando la luce non c'è, o si divide lo spazio con nubi  e tenebre. 
Mi sono lasciata ispirare da canzoni e melodie, da storie e pensieri e ho unito in questi telai stoffa, panno, fili e pittura.
Alcuni sono già partiti verso altre case, per andarsi a posare su altri muri. 
Altri sono ancora qui con me, pronti a partire non appena qualcuno li vorrà.














Febbraio è anche mese di feste, maschere e travestimenti. 
Il mio rapporto con il carnevale è sempre stato una faccenda controversa. 
Da bambina lo vivevo malissimo, colpa di orribili vestiti di terza mano in cui mi sentivo sempre a disagio.
Da giovincella mi sono sempre divertita un sacco, rigorosamente senza travestimenti.
Da mamma cerco di fare del mio meglio perchè i miei bimbi si divertano e siano a loro agio nei loro panni carnevaleschi.


(La prima volta che ho visto queste scarpine da flamenco a pois ero in viaggio di nozze in Andalusia, e me ne ero perdutamente innamorata, desiderandone tantissimo un paio per me.
Quando qualche mese fa le ho viste entrare in casa e calzare i piedi della mia bimba ho pensato che a volte la vita fa davvero dei giri pazzeschi.)


E infine il più bel ricordo di questo febbraio finito da poco.
Prima che tornasse l gran freddo.
Prima che l'inverno sferzasse il suo colpo di coda tardivo e inaspettato, tra un'influenza e l'altra, tra una domenica di pioggia e l'altra siamo riusciti ad andare al mare.
Un pic-nic sulla spiaggia, la bassa marea, il riflesso del sole, la luce di giorni incredibilmente semplici eppure indimenticabili.
Una domenica passata a fare spese al supermercato delle cose belle, per fare scorta di vitamina d e leggerezza.
Di fronte allo stesso mare dove un giorno qualcuno ha scelto il mio nome di stella scritto sul legno di una barca.






Ho perso il conto di quante volte li ho fotografati davanti a questo mare.
Di quante volte abbiamo passeggiato assieme su questo mare basso, che sembra fuggire per chilometri. Acquasabbia l'ha chiamata una volta mio figlio. 
Da allora questo è il suo nome. 
Il nome della nostra spiaggia, dove continuiamo a tornare.
Ogni simbolo anno, a contare i nostri passi e le orme che lasciamo dietro di noi, e l'orizzonte davanti a noi.



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