sabato 28 dicembre 2013

ohohoh!!!

Cara Shaula,
anche quest'anno è giunto il momento di salutarci.
Sarò breve, perchè sono molto stanco e ho tanta voglia di andarmi a godere un po' di meritato e saporito riposo.
Stanco, ma tanto, tanto felice. Di una felicità piena, pacata e soddisfatta.
Come sempre è stato un piacere stare in compagnia e passare questi giorni con voi, in famiglia, la tua famiglia, nella luminosa calma della vostra casa.
Mi rincuora sempre vedere come ti immergi, gongolante e sorridente, nell'atmosfera magica delle feste.
Come ritorni, ancora di più, più del solito..., bambina.
Nonostante tutto quello che è stato, un tempo. Quando bambina, o poco più,  lo eri ancora.
E tutta la magia del Natale non è bastata a fermare gli eventi e il loro poco lieto corso.
Ma che sciocco sono, a star qui ora a tirar fuori stralci di memoria bigia...non lo fai tu, ti pare che mi ci devo mettere proprio io?!?
Torniamo a noi, alle cose serie!

lunedì 23 dicembre 2013

un piccolo canto di natale


C'era una volta, non tanto tempo fa, una mamma.
Era la mamma di una piccola grande bimba e di un piccolo piccolo bimbo.
La bimba aveva due anni e poco più, il bimbo sei mesi e poco più.
La bimba aveva un piccolo maialino di pezza.
Morbido morbido.
Amava molto quel maialino, arrivato un giorno per caso, un regalo del nonno, di quelli arrivati senza motivi o ricorrenze, i regali più belli.
Era uno tra i tanti pupazzi, troppi sosteneva a volte la mamma, di quella bimba.
Ma a quel maialino rosa pallido la bimba era particolarmente affezionata.
Lo ricopriva di attenzioni, lo abbracciava e coccolava e lo portava spesso con sè nelle sue passeggiate fuori di casa e in quelle nel regno della sua fantasia.
Lo aveva chiamato Mandolino, quando ancora le sue parole davano vita a buffi strafalcioni e divertenti giochi di parole.
Un giorno Mandolino scomparve.
Non lo si trovava più.
Perso, smarrito, scomparso.
Non era in cameretta, non era nel passeggino, non era a casa dei nonni e nemmeno in macchina.
A fatica la mamma cercava di ricostruire gli ultimi giorni di Mandolino: "l'hai portato dai nonni? o forse quando siamo andate a fare le spese l'abbiamo dimenticato nel passeggino? sarà rimasto nel carrello? o forse è caduto mentre salivi i macchina ed è rimasto per terra?..."
Niente.
Nessuna illuminazione, nessun indizio, nessun ricordo che aiutasse a ritrovarlo.
Perso.
Prima o poi doveva succedere, pensava la mamma.
Capita quando si portano in giro i giochi invece di lasciarli a casa, ripeteva con biasimo la mamma.
Passavano i mesi e ogni tanto il pensiero di Mandolino riaffiorava.
Per rendere meno amara la perdita di quel caro amico di pezza la bambina lo immaginava partito, andato per il mondo in cerca di avventure e fortuna.
Le piaceva pensarlo in viaggio verso Brema, come quella buffa e bizzarramente assortita compagnia di animali della storia che tanto amava ascoltare.
Aveva anche composto un pezzo, ispirata dalla fiaba.
Con la sua chitarrina andava in giro per caso cantando a piena voce "vado a breeemaaaa, bum, vado a breeemaaa, bum, eccola breeeemaaa" e via così, di stanza in stanza.

Un giorno, mentre la bimba era dai nonni e il bimbo era occupato in uno dei tanti micropisolini della giornata, la mamma entrò nella stanza "quantaroba".
Era la terza camera di quella Casanuova. Una stanza jolly che doveva adempiere a più funzioni, lavanderia, guardaroba, stanza del cucito, ma che, a pochi mesi dal trasloco, continuava ad essere perlopiù una stanza adibita a contenere scatoloni, pieni, vuoti e mezzi pieni e mezzi vuoti, mensole da montare, mobili montati a tre quarti, borse e sacchi dal contenuto ignoto, imballaggi, valigie e non si sa che altro.
Tutto ovviamente accatastato in equilibrio precario.
La stanza del caos, una sorta di buco nero in cui le cose venivano inghiottite e da lì non avrebbero rivisto la luce per chissà quanto tempo, un magazzino informe e polveroso.
La stanza "quantaroba", insomma.
Alla mamma quella stanza non piaceva, ovviamente.
Le metteva addosso una quantità di nervosismo e insofferenza difficili da smaltire.
Per quanto cercasse di fare un po' di luce l' dentro, di mettere un po' d'ordine, qualche etto di caos era pronto ad entrare lì da un giorno all'altro e vanificare tutti i suoi sforzi.
Così quel giorno era lì, per l'ennesimo tentativo.
Sposta questo, butta quello, piega quell'altro, questo non va qui, questo ancora qua sta...quando all'improvviso da una cassetta della frutta ecco spuntare tra borse e tracolle due piccolo zampe.
Di pezza. Rosa pallido.
Mandolino.
Mandolino era lì. Era sempre stato lì.
Ed ecco che la mamma ricordò.
Un pomeriggio, uno di quei pomeriggi carichi di insofferenza, fatica e sonno arretrato, in cui stava cercando per l'ennesima volta di tirar fuori qualcosa da quella montagna di scatoloni e decidere dove collocarne il contenuto, la sua bimba, occhi grandi occhi scuri, era entrata nella stanza "quantaroba", garrula e baldanzosa spingendo Mandolino nel passeggino delle bambole.
Alla mamma non piaceva che lei entrasse lì: c'era disordine ed era un disordine a tratti pericolante, quindi pericoloso.
E se c'era qualcosa che faceva crescere a dismisura il nervosismo e  l'apprensione e calare vertiginosamente la pazienza di quella mamma, bèh...quel qualcosa era proprio il disordine associato al pericolo.
Probabilmente la bimba era già entrata più volte quel giorno e la mamma ad un certo punto, come nella peggiore delle tradizioni, dopo una serie di "no-basta-esci-fuori-non portare altra roba-esci-vai di là", doveva aver perso la pazienza.
Come nella peggiore delle tradizioni perdere la pazienza quel giorno si tradusse in "...oh insomma basta va bene adesso usciamo di qui e questi restano qui!"
Il passeggino delle bambole non venne inghiottito dal caos imperante del regno di "quantaroba"...era abbastanza voluminoso da non passare inosservato.
Ma Mandolino, il povero, piccolo, tenero Mandolino finì in quella scatola di cartone e lì rimase, per un paio di mesi.
Quando la mamma lo ritrovò non stava in sè dalla gioia, doveva dirlo a qualcuno, condividere quella sensazione di esultante sollievo.
E il senso di colpa...che orrida sensazione.
Non era stata la sua bimba a perderlo il caro Mandolino.
Era stato il suo nervosismo, la sua poca pazienza, il suo coperchio che era saltato a far sparire Mandolino dalla circolazione.
Ma non voleva star lì a castigarsi di rimproveri: era stato un periodo brutto, per niente semplice quello che stava finalmente finendo.
E ora aveva bisogno di luce, colore e calore.
E un po di magia che la aiutasse a rimediare e a perdonare anche se stessa e i suoi punti deboli, i suoi scivoloni e le sue cadute.
Prese il telefono e scrisse al papà.
" scusami ma non ce la facci a tenermi 'sta cosa fino a stasera...ho trovato Mandolino!!!!! "
" bisogna preparare un rientro in grande stile, ne parliamo stasera" fu la risposta del papà.
La sera il papà tornò e ne parlarono.

Si avvicinava il Natale.
La mamma, il papà e i due bimbi andarono via qualche giorno , una piccola vacanzina a spasso tra mercatini di Natale e lucine e alberi e addobbi.
In quei giorni comprarono, di nascosto dai bimbi, un piccolo flauto di legno, colorato.

Era la vigilia di Natale.
La mamma, il papà e i due bimbi per la prima volta avrebbero trascorso una vigilia diversa.
A casa loro e non di qualche nonna, senza parenti, nessun cenone, solo una pizza fatta in casa, e poi a nanna presto.
Il giorno dopo sarebbero arrivati nonni e zii e assieme avrebbero trascorso la giornata di festa tra leccornie, sfizi, giochi per la prima volta in quella Casanuova, ancora vuota, ma vestita a festa.
"Ormai è tempo ed ora di dare inizio a nuove tradizioni, di creare le nostre, quelle della nostra famiglia."
Questo si erano detti, la mamma e il papà quando era arrivato il fatidico momento di decidere "cosa si fa per Natale?".
E così quella vigilia il papà rientrò dall'ufficio alle sei, come tutte le sere e mangiarono la pizza, calda, appena sfornata, ma non buona come quella che sanno fare ora, dopo un anno di tentativi, ricette aggiustate e teglie infornate.
Dopo la pizza rimasero in salotto prima di iniziare i preparativi per la nanna.
Qualche libretto e qualche coccola sul divano.
All'improvviso suonò il campanello.
"Chi può mai essere a quest'ora?"
La bimba corse al citofono, come era sua abitudine, con il suo pimpante e strascicato "chiiii èèèèè?", prima di passarlo a mamma e papà, per le valutazioni del caso, della serie aprire o non aprire.
Ma nessuno rispose dall'altra parte del citofono.
"Eppure io ho sentito il campanello, tu l'hai sentito, no?"
"Prova ad aprire la porta, magari han suonato da qui"
Aprirono la porta.
Sullo zerbino stava, piccolo, tenero e un po' afflosciato, Mandolino.
Al collo aveva un flauto, di legno, colorato.
"Mandolino!"
"vieni Mandolino, entra!"
Mandolino era tornato.
Era stato via molto tempo.
Era stato a Brema, per fare della musica.
Era tornato a piedi, un lungo viaggio.
Ma voleva essere a casa per Natale.
Era arrivato in tempo.
Stanco, infreddolito, affamato e con un sacco di storie da raccontare.
La bimba gli chiese se voleva dello yogurt.

Questo è solo un piccolo ricordo.
Una storiella da nulla.
Ma è tutta nostra.
Ed è tutta vera.
E per me, per la mia piccola famiglia, è molto preziosa.
Ve la regalo con l'augurio che anche il vostro Mandolino bussi presto alla vostra porta.
Chiunque o qualsiasi cosa sia il vostro Mandolino.






giovedì 19 dicembre 2013

rockin'around the pigna tree

Tanto abbiam detto e tanto abbiam fatto in questi giorni e qui manco una traccia, una spennellata di verde, uno schizzo di brillantini, una sforbiciata in allegria.
Urge rimediare.
Con una luuuunga carrellata di spunti e inspirazioni di art&craft e diy a tema, ovviamente, ipernatalizio, dalla quale attingere a piene mani se ancora vi manca qualcosina.

Ready, Steady, Go!

Rockin' around the pigna tree.
Ovvero l'alberello glam da regalare ai nonni.
In poche semplici e luminose mosse.
Prendete una pigna.
E dell'acrilico verde.


mercoledì 18 dicembre 2013

cose belle: la prima scuola

Cose belle.
Un po' come le "good news" in chiusura di report, l'unica trasmissione che ancora riuscivamo a guardare quando avevamo la televisione.
Poi abbiamo detto basta alla tv e quel servizio di 20 minuti che ti rimetteva il sorriso e l'ottimismo addosso dopo un'ora e trenta di sconforto e frustrazione e indignazione un po' mi manca.
Qualche giorno fa un'amica mi ha parlato di un gran bel progetto, di quelli con tutte le lettere maiuscole, non solo l'iniziale, per il quale stava preparando un video.
Il video oggi era pronto e me l'ha mandato.
A me e a molti altri, chiedendo di diffondere.
E non si può non farlo.
Perchè qui si parla di una bella cosa, dove dietro alla parola cosa ci sta un mondo di persone motivate ed ottimiste.
Di gente che crede fermamente che le cose debbano funzionare meglio di così.
Ma che la protesta fine a se stessa fa sprecare un sacco di energie.
Mettere in piedi e portare in giro progetti e proposte invece te ne fa trovare un sacco, di energie.
Si parla di scuola.
Primaria e pubblica.
Malconcia e malmessa.
Si parla di aiuti e di fondi.
Di arte e cultura.
Di contributi e voglia di fare.
Di mani che fanno, e non di braccia incrociate.
Di voci che narrano e cantano, non di urla sguaiate.
Di collaborazione e di cosa pubblica, da costruire e rendere migliore con tutti e per tutti.
E non di piccole realtà ed ideologie chiuse in se stesse, dove regna il principio "quel che c'è lì fuori non mi piace/non va/non funziona e allora faccio da me e per me".

La trovo una grandissima iniziativa.
E non posso fare a meno di segnalarla e diffonderla.
Qui potete andare a leggere di che si tratta, in maniera più esauriente.
http://laprimascuola.wordpress.com/il-progetto-la-prima-scuola/

Se invece siete dei paraggi (Venezia e limitrofi), sabato c'è un'intera giornata dedicata al progetto.
Proiezioni, laboratori, spettacoli, merende e cena per bambini.
Qui trovate il programma.
http://www.sherwood.it/articolo/3702/a-scuola-di-cittadinanza-una-giornata-a-sostegno-del-progetto-la-prima-scuola-di-andrea-segre

Questo il video che promuove la giornata di sabato.



Enjoy it!
E sostieni!


martedì 17 dicembre 2013

mercatini di natale: innsbruck by night

Non era esattamente notte.
Alle nove eravamo già in albergo, pronti ad infilarci sotto le coperte.
Ma che differenza fa?
Erano i giorni più corti dell'anno.
I più bui.
Alle quattro del pomeriggio il sole, o quel che doveva essere tale oltre la coltre di nubi e pioggia, scendeva dietro palazzi e montagne e lasciava il posto all'imbrunire prima, e al buio spesso e denso della sera poi.
Ed ecco che...
quel che ero andata a cercare fin lassù finalmente lo trovavo.
Ad ogni angolo di strada, su ogni balcone, a tutte le finestre.
Luce. Colore. Calore.


venerdì 13 dicembre 2013

innsbruck: mercatini di natale

Era proprio metà dicembre, un anno fa.
Siam partiti con il treno che andava a Monaco.
Quattro comode, rilassanti, confortevoli, caldissime (perchè il riscaldamento in certi luoghi chiusi è tale da portarti allo svenimento?!? perchè non si inizia a vietare seriamente il surriscaldamento interno dei luoghi pubblici?...), dicevo, quattro ore di treno ed eravamo a Innsbruck.
A fare il pieno di di frizzi e lazzi natalizi, lucine scintillanti e canzoncine tintinnanti passeggiando tra bancarelle piene zeppe di chincaglieria rossa, verde e oro.
A riempirci la pancia di ghiottonerie tirolesi.
Per regalarci una coccola speciale, tutta per noi.
Per festeggiare la fine di un anno,intenso ed entusiasmante, ma anche impegnativo e a tratti difficile.
Per prenderci una pausa dalla nostra quotidianità di pranzo-cena-panni da lavare-la sveglia del mattino-i risvegli la notte-la stanchezza-la casa mezza vuota-i capricci-la noia.
Abbiamo lasciato tutto a casa.
Siam partiti con poco, il necessario per tre giorni.
La valigia colma di vestiti caldi e pesanti, chè avevo paura del freddo tirolese e nei giorni prima della partenza avevo fatto incetta di pile sotto ogni forma di indumento.
Mentre il treno attraversava pianure e paesi fuori dal finestrino la tormenta imbiancava ogni cosa.
C'è stato un tratto, tra Vicenza e Verona, in cui non si vedeva altro che neve e bianco.
Raramente ho visto tanta neve.
Poi il sole è calato, e noi abbiamo pisolato un po'.
Io intanto mi immaginavo già a camminare in paesaggi da cartolina, immersa nel più classico bianco Natal.
Arrivati a Innsbruck quel che restava di tutto quel manto soffice e candido era solo qualche mucchietto di neve sporca e mista a fango agli angoli delle strade.
Pioggerellina autunnale, temperature tiepide ed umide. 
Raramente le mie aspettative sono state così deluse.
Il sabato ha piovuto tutto il giorno.
In giro c'era il caos, gente in ogni pertugio, sotto ogni portico, dentro ogni bar.
Dopo una mattina passata in albergo sperando che il tempo migliorasse, siamo usciti pure noi, in assetto da traversata epica.
Zeno nel passeggino sotto la cappotta di plastica, che a me mette sempre un po' d'angoscia e controllavo ogni cinque minuti se dietro tutta quella condensa mio figlio stesse respirando ancora, Cora nel marsupio sulla schiena di Paolo, io e Paolo con i nostri ombrellini striminziti in mano...
Siam riusciti a pranzare in un posticino caldo e tipico, straccetti di omelette in brodo e giardiniera in brodo...di certo non uno dei nostri pranzi migliori, ma caldi a sufficienza da rifocillarci, il tempo necessario che fuori finalmente smettesse di piovere.
Poi, senza tutta quella pioggia e quella distesa di ombrelli aperti che coprivano ogni scorcio, poi è stata tutta un'altra cosa.

giovedì 5 dicembre 2013

di bianco le tingerem: le rose di Munari in veste natalizia

L'inverno alle porte, il radicchio sui campi.
E sulle tavole.
Il tardivo di Treviso, delizia pregiata della mia zona.
Versatile ed eclettico, finisce nei piatti sotto molteplici forme.
Crudo in insalata, risotto, pasta, pasticci, ai ferri, saltato in padella, nella frittata, in torte salate, sulla pizza.
Noi ne abusiamo.
Specialmente quando abitavamo a Casavecchia, visto il ruolo da primo protagonista che rivestiva nei campi della cohousing, da novembre a febbraio non c'era pasto senza le sue lunghe foglie che coloravano di bianco e viola i piatti.
La sua coltivazione è altrettanto affascinante: inizia a luglio con il trapianto, sotto il solleone, prosegue la sua crescita fino all'autunno e poco prima che arrivi l'inverno inizia il raccolto, fino a febbraio.
E il suo raccolto è cosa assai complessa, e un giorno magari lo racconterò.

Quel che invece mi preme ora è mostrare il suo volto creativo!
Come tutte le lattughe e le cicorie svela nel suo gambo la magica sorpresa di un fiore.
Le famose rose nell'insalata di munariana ispirazione.
Visto l'approssimarsi delle feste e dell'inverno ho proposto uno spaciugo pittorico tutto bianco ai miei bimbi e io ne ho approfittato per stampare un po' di roselline.
Il soggetto forse è un po' insolito per Natale, ma il risultato è molto fine ed elegante.

Occorrente:
  • dei gambi di radicchio
  • tempera, o acrilico, o colori a dita, di colore bianco in questo caso
  • cartoncini colorati, io ho optato per i natalizi verde e rosso e un invernale grigio
  • ciotoline e pennelli





Procedimento:

Versate un po' di colore nelle ciotoline e intingete i gambi, che utilizzerete come timbrini.
potete anche spalmare il colore sul gambo con un pennello.
Ovviamente in base all'età dei bimbi non aspettatevi chissà che fiori ben definiti...loro lasciate che tirino fuori una tormenta di neve da quel radicchio, se così gli garba!
Voi invece dilettatevi nello stampare fogli, ma volendo anche stoffa, basta usare i colori adatti, ed avrete un tessuto floreale di grande e raffinata eleganza...perfetto per una shopper con cui andare dal vostro ortolano di fiducia.
Oppure con il cartoncino così stampato potrete ricavare dei biglietti di auguri.
O ancora ritagliare i singoli fiori e unirli con un filo per ottenere una ghirlanda, per addobbare la casa per le feste ma che potrete poi tenere anche per tutto l'inverno.
E se avete in programma un matrimonio all'insegna del DIY...beh, io queste roselline bianche le troverei perfette su degli inviti, o sui segnaposti a tavola.




Noi le abbiamo usate per un improvvisatissimo calendario dell'avvento.
Di solito non lo faccio mai, ne ho uno molto grazioso, di stoffa e panno con una stellina di legno da spostare di casella in casella giorno dopo giorno, che mi ha regalato la mia mamma anni fa.
Ma l'albero delle stagioni in cameretta dei bimbi reclamava il suo restyling e non essendo ancora tecnicamente inverno avevo in mente di donargli una veste natalizia.
Et voilà, l'albero delle stagioni è diventato in un colpo solo albero di Natale e calendario dell'avvento!



Ogni mattina, a turno, i bimbi attaccano una palla-rosellina a quest'insolito albero,che fiorisce sempre più.
Resterà così per tutte le feste, poi si vestirà di neve e gelo...brrrrr!










mercoledì 4 dicembre 2013

Natale di panno: un libro fatto a mano

Pensavo di farcela.
Di riuscire ad aprire lo shop in tempo per Natale.
Di riempirlo di cose carucce, colorate e calde.
E invece niente.
Mi ero anche messa di buzzo buono.
Ma, no, non sono pronta.
Mi manca il tempo di riuscire a "informarmi, chiarirmi,decidermi" per benino, come dico io.
Ci penso da talmente tanto tempo che ora sto qui a titubare sui dettagli, su particolari minimi, di contorno.
Ma non voglio la fretta a farmi da consigliera, chè si sa, non è il suo forte.
E quindi niente, ci vorrà ancora un po'.
Anche solo andare in posta ad informarsi sulle spedizioni è un'impresa.
Mi manca il tempo di produrre un po' di più.
Chè ad un hobby puoi dedicare ritagli di tempo e scampoli di dolce, e raro, far niente.
Farlo diventare qualcosa di più di un appassionato passatempo richiede molto altro.
Tempo, calma, concentrazione.
Basterebbero un paio di mattine.
Libere, ma completamente libere.
Cinque ore continuative ed ininterrotte, in cui non far cadere la concentrazione, non posare l'ago ogni tre minuti, non avere manine curiose che attentano alla mia laboriosità sul tavolo ricoperto di panno e carta e forbici e fili.
Mi rimane la sera, quelle rare volte in cui il sonno non è tanto e tale da farmi ingarbugliare il filo "n" volte al minuto.

Comunque qualcosa lo riesco ad iniziare e finire.
Complice il mercatino al centro sociale ero riuscita ad accelerare un po' (sante scadenze, quanto servite a volte...) e alcune cosine le avevo anche fatte.
Ora son qui, e anche se lo shop ancora non c'è, io ve lo mostro qui.
Sai mai che a qualcuno possano piacere particolarmente da volersele comprare per sé.
O per risolvere il caro vecchio quesito "cosa regalo quest'anno a...?".
E possano così salpare verso altri lidi.

Cominciamo con lui, che mi piace tanto che quasi faccio fatica a darlo via.
Un piccolo piccolo libretto di panno.
Un quiet book.
Niente parole, solo immagini.
Da guardare, toccare, accarezzare, far suonare.
Con il vostro bimbo in braccio.
O da appendere all'albero di Natale, perchè no?!





Cinque pagine, decorate fronte-retro.
Completamente cucito a mano.
Chè le mie capacità dietro la macchina da cucire sono ancora molto grossolane e approssimative.
E qui invece si tratta di essere precisi e minuziosi, quindi vado di ago e filo.
E tutte le sagome disegnate e tagliate a mano, una per una.
Chè non ho fustellatrici al mio servizio, e prima o poi forse l'investimento andrebbe fatto.
Perché così, tutto tutto tutto a mano, i tempi si allungano, e di molto pure.
Ma la soddisfazione alla fine è tanta e tale da ricamarmi un sorriso gongolante sulle labbra che dura tutta la notte, quando finalmente l'ultimo nodo è stato stretto, si taglia il filo e si ripone l'ago.

L'allegra brigata del Natale è tutta qui.
L'alberello con le sue palline rosse, il caro buon vecchio Babbo e il suo, "din-din-din", rosso cappello a punta.

Un bel pacco regalo con un grosso fiocco, da sciogliere e rifare a piacere.
Quel nasone di Rudolph.


Una pallina da appendere all'albero.
E una calza da appendere al camino.
Nascondono segreti e sorprese.


L'omino di neve e l'omino di panpepato chiudono la parata.
Augurando a tutti un lieto e buon Natal.




Piaciuto?
Qualcuno lo vuole?
Se qualcuno fosse interessato può contattarmi via mail!
Il mio indirizzo lo trovate qui a fianco, sul lato destro pagina della pagina.

E ora comunicazione di servizio.
Devo anticipare la scadenza del giveaway.
Avevo previsto la scadenza per il 15 dicembre, ma la settimana che mi aspetterà sarà di quelle superpiene ed indaffarate, tra festa di natale e mercatino a scuola, impegni con parenti, amici che partono, regali da finire, temo non troverò il tempo di sedermi al pc e soprattutto di andare in posta.
E poi si rischia di andare troppo in là, e con le feste vicine non vorrei che il regalino arrivasse al "fortunato vincitore" dopo Natale, chè sarebbe un gran peccato.
Sperando quindi di non venir meno a chissà quale ferrea e  regolamentazione in materia di giveaway, vi comunico qui e ora che avete tempo di lasciare un vostro commento, se ancora non l'avete fatto, al post del giveaway in questione entro e non oltre il giorno 8 dicembre 2013.

Per quanto riguarda altre proposte shaulasche da mettere sotto l'albero, arriverò presto con un altro post...stay tuned!

oh oh oh oh!!!

lunedì 2 dicembre 2013

trenta dì: novembre

trenta dì conta novembre,
con april giugno e settembre,
di ventotto ce n'è uno,
tutti gli altri ne han trentuno.

Istantanee di attimi, luci, colori e sapori che scandiscono il tempo dei mesi che si rincorrono l'un l'altro.


Viola Novembre.
Sarebbe un gran bel nome.
Da giovane eroina di inizio novecento.
La regalo al primo che abbia nelle orecchie l'arte di romanzare.
Una gande città, il grigio luccicante e sferragliante del progresso che irrompe sulle strade umide di pioggia.
Il bianco lattiginoso della nebbia delle 5, lei che esce dal lavoro, opaco e monotono scartabellare d'ufficio, nel suo lungo e scuro cappotto di panno pesante, scivola fra la gente, il passo leggero , la mente altrove.
Lei sa che sarà ancora più buio di così, tra poco.
Che le tenebre si faranno più ampie e dense, lo sconforto e la tristezza busseranno a tutte le porte, e gli occhi di tutti vorranno solo chiudersi, bisognerà tirare le tende pesanti e chiudere il mondo e il suo gelo fuori dalla porta.
Ma lei sa che poi finirà.
Che la luce sarà più bella, dopo.
Che abbaglierà gli occhi e riempirà le strade. 
Dove gli altri vedono incertezze e paure, lei scorge promesse e premesse.

Viola Novembre.
I prati svestiti.
Campi e tavole in fiore.
Fiori in pentola, fiori nei piatti, fiori nei panini.
Colorati, vivaci, allegri.
Freschi, croccanti, caldi, fumanti.




giovedì 28 novembre 2013

in Provenza: Fontaine de Vaucluse

Era estate, faceva caldo, eravamo in vacanza.
Tutto l'opposto di adesso.
L'esatto contrario.
Ma come sospettavo quando ho iniziato questa serie di racconti provenzal-vacanzieri, tornare a quelle giornate, ripercorrere gli itinerari, rivedere posti e paesaggi e le nostre facce abbronzate e felici, si sta rivelando un ottimo antidoto contro lo spleen da brume autunnali, un efficace palliativo per affrontare questi molesti malanni di stagione e per tener acceso il cero della speranza...tornerà, prima o poi, l'estate.

E quindi oggi tocca a...Fontaine de Vaucluse, Mesdames et Messieurs!

Uno dei piccoli borghi in cui siam capitati senza averlo programmato.
Una delle piccole e splendenti chicche che quel viaggio ci ha regalato.



mercoledì 27 novembre 2013

un calendario

Da quando siamo diventati mamma e papà e i nostri mamma e papà sono diventati nonni a Natale andiamo sul sicuro.
Il regalo è sempre quello.
Un calendario con le foto dei bimbi, una per mese.
A gennaio una foto del gennaio precedente, a febbraio una del febbraio precedente e così via.
Non lo facciamo stampare, preferiamo farcelo da noi: cartoncini colorati, forbici, colla, qualche decorazione e le foto attaccate solo con qualche punto di scotch di carta, che se una foto piace particolarmente la si può staccare e mettere in cornice.


Nel "lontano" 2012 avevo trovato dei calendari molto basic, neri e semplicissimi, quindi personalizzabili a piacere, quasi perpetui visto che non erano nemmeno segnati i giorni della settimana, e avevo fatto incetta.
Ne ho ancora due, e per fortuna basterà coprire quel 2 con un 4 e quest'anno saranno ancora validissimi.
Uno sarà per Cora e uno per Zeno.
Ci sbizzarriremo per tradurre in colore quel che ogni mese porta con sé.
Come avevo già fatto con Cora: avevamo cominciato con il gennaio 2012 a Casavecchia e avevamo proseguito, a ottobre, a Casanuova.
Ma gli ultimi due mesi dell'anno scorso non sono stati piacevoli.
La notte si dormiva poco o nulla; questa casa era grande, vuota, bianca ed anonima; io mi affaccendavo tutto il giorno per darle forma e colore senza giungere a capo di nulla, gran parte del mio armamentario creativo se ne stava inscatolato fra le cataste della nostra vita giù in garage...e tutto si arenò.
L'anno finì senza dare un volto a novembre e dicembre.
In questi giorni abbiamo rimediato.
A Zeno novembre, a Cora dicembre.
Anzi con Zeno e con Cora.
Ovviamente c'è anche il mio zampino, ben impiastricciato di colla e pittura, dietro questi piccoli quadretti, chè, sì insomma, i miei bimbi erano-sono ancora piccolini.
Ma fare assieme le cose ci piace, e come ho spesso sottolineato il "lavoretto" in sé e per sé è solo un pretesto per scoprire, creare e sperimentare: oltre alla realizzazione dello stesso c'è il piacere di fare e di muovere le mani fine a sé stesso.
La manipolazione di materiali diversi, le suggestioni visive, tattili, olfattive e sonore che sanno stimolare è quel che conta, il resto fa da cornice e il risultato finale fa da ricordo.
Se  quest'anno avete voglia di farne uno anche voi, ecco qualche suggerimento.



Gennaio: sotto la tormenta.

Il collage casetta-alberi-nuvole è opera mia.
Anche i fiocchi ditate di neve.
La tormenta che si è abbattuta sulla casa è invece opera di Cora.

Occorrente:
carta, forbici, colla stick e colori a dita, bianco ovviamente.


Febbraio: ogni pastrocchio vale.

Qui io ho solo steso sul foglio uno spesso e abbondante strato di colla e acqua.
Ah no, ho anche soffiato qualche stella filante, sorridendo al pensiero che l'anno prima a Cora facevano paura.
Lei ha ricoperto il foglio di mucchi di stelle filanti che aveva precedentemente ridotto in brandelli.
All'inizio l'effetto era molto più 3D...il peso dei mesi ha schiacciato il tutto.

Occorrente:
stelle filanti, colla liquida.


Marzo: che fretta c'era!

C'era fretta sì, eccome!
La nascita di Zeno era prevista per metà mese, quindi ci siamo messe d'impegno per tempo.
Ricordo che ho assaporato, con paura e dolcezza, quegli attimi di colore con Cora, io e lei sole, e tutto il nostro tempo, calmo, placido, silenzioso.
Le incognite erano tante: ci aspettava un grande cambiamento, un turbinio di emozioni e la vita che sarebbe sbocciata da lì a poco, come la più grande delle primavere ci avrebbe svegliate una mattina, all'improvviso.
Io ho ritagliato le forme, Cora, già più grandicella, mi ha aiutata ad incollarle.

Occorrente:
carta colorata, carta velina per i fiori, colla liquida, ma anche in tubetto, volendo.


Aprile: chi ha rotto le uova?

C'era un neonato, di 15 giorni poco più, in casa.
Carta e pennarelli erano un progetto già abbastanza ambizioso.
Poi io ho tagliato e lei ha incollato.
Risultato più che dignitoso, vista la situazione in cui stavamo.


Maggio: fiorivi, sfiorivano le viole.

Anche in questo caso idea semplice semplice.
I fiori li ho fatti io, Cora si è goduta lo spaciugo pittorico sul foglio e oltre.

Occorrente: pittura a dita prima.
Acqua e sapone poi.


Giugno: natura secca.

Questo me lo ricordo come fosse ieri.
Era sabato mattina, o domenica, comunque c'era Paolo a casa, quindi weekend.
Zeno dormiva e io e Cora ne avevamo approfittato per fare due passi tra i campi attorno a casa, sole solette.
Avevamo raccolto spighe, papaveri, fiori di campo e fili d'erba.
Una volta risalite in casa, mentre Paolo preparava il pranzo, abbiamo creato questo piccolo erbario, che continua a resistere, riempendomi il cuore di nostalgia e il naso di fieno ogni volta che lo guardo.

Occorrente: un prato di campagna, una passeggiata e un rotolino di scotch.


Luglio: col bene che ti voglio.

Ti voglio bene e ti voglio al mare, pensavo in quei giorni torridi, afosi e interminabili.
Al mare non saremmo andati prima di settembre...
un sacco di tempo per fare collage a quattro mani e sognare una barchetta con cui salpare.

Occorrente:
carta, forbici, colla.


Agosto: casa mia non ti riconoscono.

Il trasloco aveva inizio.
Si riempivano scatoloni e si portavano via.
La casa si svuotava e l'afa sfiancava.
Non ne è uscito niente di meglio di questi due gelati al pennarello.


Settembre: un chicco per i tuoi pensieri.

Questo l'abbiamo fatto a Casanuova.
Un grande classico autunnale.
Tempo di raccogliere quel che è maturato al sole.
Ancora un po' di pazienza e un vino dolce e leggero ci delizierà.

Occorrente:carta, forbici, colla.
Il grappolo viene assai bene anche con tempera e tappi di sughero, ovviamente, da usare come timbrini.


Ottobre: tempo di castagne.

Un altro grande classico.
In questo caso io ho solo ritagliato la castagna.
Cora ha pensato al resto.

Occorrente: carta e acquarelli.
E pennelli.


Novembre: anzi pio-vembre.

Perché questo novembre, almeno qui da noi, è stato clemente, uno dei meno piovosi che io ricordi.
Qualche nuvola a matita, e poi strisce di pioggia che vengono giù.
Zeno ha scarabocchiato un po', ma soprattutto ne ha approfittato per picchiettare la matita sul tavolo.
Come uno scroscio su un ombrello teso.



Dicembre: we paint you a Merry Christmas

Questa è, quasi, tutta opera di Cora.
Lei ha colorato di bianco i fogli rossi e verdi, da cui ho ritagliato l'albero e le palline.
Tubetto di colla in mano lei ha fatto il resto.

Occorrente: carta bianca, rossa e verde.
Colori a dita, bianco.
Forbici e colla.
E un po' di mood natalizio.
Che ormai è tempo ed ora.

lunedì 25 novembre 2013

dai che è lunedì

E' l'alba. O giù di lì.

Lascio dormire i bimbi ancora mezz'ora, forse c'è sciopero, alle 8 chiamerò a scuola per sapere.
Ieri sera ho chiesto a Paolo di lasciarmi un promemoria sul tavolo, per ricordarmi di telefonare.
Lui ha provveduto così, con tutta la sua naturale simpatia, che riesce a tirar fuori nonostante i miei musi lunghi e le mie lamentose sbuffate.


Mi prendo questi dieci minuti per fermarmi un attimo qui.

Perché nell'ultima settimana il tempo è sembrato restringersi come un maglione, bello, irreparabilmente infeltrito.
Eppure ne avrei cose da scrivere.
Ce ne sono di cose che vorrei dire.

Vorrei parlare di questa crisi, che onestamente m'ha rotto: solo un altro ottimo pretesto per tenerci tutti al cappio, mal pagati, insicuri, precari, timorosi, solo un altro espediente per far star meglio chi già stava bene e spingere giù di un altro gradino, anche due, chi già stava male.

Vorrei parlare della creatività che mi sento scorrere nella dita, e dell'estrema difficoltà che ho a trovare del tempo per trasformarla in qualcosa di più.

Vorrei raccontare, di me, di quel che era di me, e di quel che sarà.

Vorrei dire, a lettere chiare e tonde, cosa ne penso dell'alto contatto.
Di come spesso il suo senso più profondo venga frainteso, banalizzato ed estremizzato.
Perché a volte leggo e sento cose che mi lasciano davvero perplessa...e penso anche che non facciano bene alla "causa".

Vorrei parlare di musica.
Infilare qui, in questo mio piccolo spazio, tanti di quei consigli per gli ascolti che non vi basterebbe una settimana per ascoltarli tutti.

Vorrei tracciare qui il filo dei miei ricordi, anche i più banali e cari.
Quei piccoli istanti, meravigliosi, che con cui i miei due figli  mi riempiono la vita.
Per ricordarmi che non ci sono solo i capricci, le sfuriate, i giochi disseminati ovunque, le marachelle a giro continuo, i pianti inconsolabili.
Perché a volte faccio fatica a vederci chiaro anch'io.
Perché sono sole ma anche luna. Inguaribilmente luna e  fortunatamente anche sole.
E se passi di qua, sappi che questa era per te.
E sappi che era un abbraccio.

Vorrei scrivere tutte le magnifiche perle che escono dalla bocca e dall'inesauribile fantasia di Cora.
Perché è un peccato tenerle solo per noi, appese a quel foglio ormai stropicciato sul frigo in cucina.

Spero di riuscire a tornare qui presto, questa settimana.
Come direbbe Cora, "ci vediamo a mezzaluna".


mercoledì 20 novembre 2013

in Provenza: beaux villages

Viaggiare con un bambino, specialmente se molto piccolo, significa viaggiare lenti e volare bassi.
Niente programmi dettagliati, banditi itinerari densi dai ritmi frenetici e serrati, grande flessibilità e qualche etto di "vabbè...sarà per un'altra volta".
Perché qualcosa di quel poco che volevamo comunque assolutissimamente vedere salterà.
Perché l'imprevisto è dietro l'angolo e anche una tabella di marcia di un paio d'ore può saltare da un momento all'altro.
Quando siamo stati in Provenza con la nostra piccola viaggiatrice undicimesenne al seguito avevamo previsto solo alcune mete assolutamente imperdibili: campi di lavanda, ocre, capatina in Camargue e isola di Porquerolles.
Tutto il resto sarebbe venuto da sé, bighellonando qua e là e scegliendo mete e itinerari giorno per giorno.
Soprattutto borghi e villaggi: la Provenza ne è letteralmente costellata.
Difficile scegliere sulla carta, così a scatola chiusa, sembrano tutti così affascinanti, genuini e "oh guarda lì, su quella porta di legno sotto la pergola di glicine...c'è scritto vendesi! facciamo, compriamo, cambiamo vita?!? sì sì sì adesso dai..."
Ecco ce n'è proprio tanti, di più piccoli, più grandi, mezzi disabitati, o assediati da pullman di turisti, arroccati, sul fiume, tra i campi...per tutti i gusti, a patto che vi piaccia il genere.
Alcuni dei borghi i cui siamo stati appartengono ai "plus beaux villages de France", l'equivalente della nostra associazione dei "cento borghi più  belli d'Italia".
Non ci hanno affascinato tutti allo stesso modo, ma un paio si sono rivelati delle deliziose chicche.


venerdì 15 novembre 2013

a volte basta poco: un chilo di fagioli

Un chilo di fagioli basta a risolvere la cena.
E anche il pomeriggio.
Se poi il pomeriggio appartiene alla pregiata specie "tiepide giornate d'ottobre" il piccolo terrazzino della cucina diventa un luogo straordinariamente gradevole dove stare.


Un chilo di fagioli è il lasciapassare per un tuffo nel passato, un biglietto di andata e ritorno a cavallo di un flashback.
Piccoli ricordi da snocciolare tra le dita.

mercoledì 13 novembre 2013

in Provenza: il mercato

Nulla è provenzale come il mercato provenzale.
Davvero: è la tipicità fatta bancarella e passeggiata con il sole in fronte, cappello in testa e borsa di paglia in spalla.
Colorate, ordinate, piene zeppe di cose ma mai caotiche.
Belle da vedere, buone da odorare, irresistibili da fotografare.
Ogni città, paese, villaggio ha il suo mercato settimanale.
Per mio gusto personale più piccolo è il villaggio e meglio è: tutto assume un'aria più familiare e raccolta, passeggiando tra le bancarelle la sensazione di poter restare a vivere lì per sempre, ogni giorno della vostra vita, tra semplici piaceri e voluttuosa calma, s'impossesserà di voi.
Svegliarsi presto al mattino,  quando al primo raggio di sole la prima cicala dà il la e dagli alberi fuori dalla finestra la banda attacca la sua sinfonia e prima del tramonto non si placherà.
Una deliziosa colazione, sul terrazzo, un vestito leggero e impalpabile, e via verso la piazza.
Passeggiare, sbirciare, curiosare, assaggiare, annusare, riempire borse e occhi di colori e sapori.
E poi di uovo a casa, uno sfizioso pranzetto a base di formaggi, tapenade, pane caldo di forno, pomodori e zucchine, una fetta di melone dolce dolce agghindata da del saporitissimo prosciutto.
Sorseggiando un calice di vino fresco.
Ah...quella sì che era vita...
Non aggiungo altro.
Lascio che siano le immagini a parlare.
Istantanee più che eloquenti, che riescono a riportarmi qui un odore, un profumo, un sapore.
Vivide e accese suggestioni che il tempo non sbiadisce.



lunedì 11 novembre 2013

san martino: a cavallo tra i ricordi

Oggi è lunedì.
Oggi è San Martino.
Qui dalle mie parti, Venezia e dintorni, si festeggia parecchio.
A casa mia non è mai mancato il classico dolce di pasta frolla, ricoperto di glassa e costellato di cioccolatini, caramelle, sfizi e golosità e quelle tremende palline argentate di zucchero che spaccano i molari.
E se a più a nord di qui, Germania e limitrofi, per tradizione i bambini sono soliti fare una passeggiata all'imbrunire portando le loro luminose lanterne, dalle nostre parti la processione ha dei toni un po' più caciaroni.
Non lanterne, ma pentole, coperchi e mestoli, da sbattere con gran fracasso andando di porta in porta a chiedere monetine o dolcetti.
Cantando questa dissacrante filastrocca:

San Martin xe 'ndà in sofita
a trovar la so novissa.
So novissa no ghe gera,
el xe 'ndà col cuo par tera
viva viva san Martin
Viva el nostro re del vin!

San Martin m'ha mandà qua
che ghe fassa la carità.
Anca lu col ghe n'aveva,
carità el ghe ne fasseva
Viva viva san Martin
Viva el nostro re del vin!

Fè atension che semo tanti
E gavemo fame tuti quanti
Stè tenti a no darne poco
Perché se no stemo qua un toco!

Se si riceve qualcosa si prosegue così:

E con questo ringraziemo
Del bon anemo e del bon cuor
'N altro ano tornaremo
Se ghe piase al bon Signor
E col nostro sachetin
Viva, viva S.Martin.

Se invece non arriva nulla si risponde così:

Tanti ciodi gh'è in sta porta/
Tanti diavoli che ve porta
Tanti ciodi gh'è in sto muro
Tanti bruschi ve vegna sul culo.
E CHE VE MORA EL PORSEO!

...che adorabili marmocchi!...

Quand'ero bambina il San Martino lo comprava mia nonna, al panificio.
Lo portava a casa, aspettavamo la sera per mangiarlo, dopo cena, e i grandi lo gustavano accompagnato ad un bicchiere di vino.
Lo si trova dappertutto, il cavallo goloso e il suo generoso benefattore che tagliò il mantello in due per donarlo a un povero.
Panifici, pasticcerie, supermercati, bar: ovunque c'è, in vari formati, da quello da coppietta alla versione grande famiglia.
Da quando conosco colui che è diventato mio marito e padre dei miei figli il San Martino non lo si compra più.
Si comprano farina, uova, burro, zucchero e golosità.
Si impasta, si stende, si intaglia, si inforna, si decora di ghirigori al cioccolato e croccanti sfizi.
In famiglia o in compagnia.
Posso ripercorrere a ritroso gli ultimi anni a suon di pasta frolla.

Quest'anno abbiamo invitato una coppia di amici a farlo con noi.
Nella pancia di lei c'è un piccolo piccolo abbozzo di vita, che sboccerà in primavera.
Sarà bello vedere negli anni sempre più bambini, attorno al tavolo ad impastare e a riempire l'aria di nuvole di farina e cacao.

Si comincia sempre con lo stampo.
Con gli anni ho acquisito una certa  dimistichezza e ora vado a colpo sicuro: forme semplici, lineari, pochi dettagli e sagoma bella tozza, così non si spezza e ci sta più roba golosa!


venerdì 8 novembre 2013

giochi per il bagnetto diy

Che bello quando c'era la vasca.
Mi manca la vasca.
Mi manca d'estate, quando vorrei riempirla fino all'orlo di acqua fresca e amido di riso, per salvare me, la mia pressione e la mia circolazione dal tracollo psicofisico da canicola.
Mi manca d'inverno, quando nulla è più desiderabile di un'immersione totale nell'acqua calda, per far sloggiare il freddo dalle ossa a colpi di vapore al bagnoschiuma e condensa sui vetri.
Mi manca quando è ora di fare il bagnetto ai bimbi.
Nella doccia non è facile per niente.
Mi lavo più io di loro.
La schiena non si spezza. Si sbriciola proprio.
Il pavimento è una pozza, scivolosa e piena d'insidie.
Un sacco di buoni motivi demotivanti che rendono a volte ardua questa tanto raccomandata impresa dell'igiene personale.
Però.
Però vedere quanto se la godono fra spruzzi, guizzi, sbrombole e allagamenti val bene tutta quella fatica.
E allora, quando non siamo di fretta, il bagnetto diventa un vero e proprio impegno del pomeriggio.
Della serie "bambini oggi ci si lava, non ci siamo per nessuno".
Degno di tempi lunghi e attività collaterali, inizia alle cinque e prima delle sette il programma lava-stira-e stendi i pupi non è concluso.
Un ottimo pretesto per proporre attività, per scoprire e imparare divertendosi: igiene sì, fatica no.
Ovviamente perché sia vissuto con agio è necessario comunque un contenitore dove tenerli in ammollo 'sti bambini.
Per ora riesco ancora a farli stare, tutti e due contemporaneamente, in una bacinella da bucato.
Ma ancora per poco...perché crescono.
Mannaggia se crescono.
Fra le attività collaterali del bagnetto vanno sempre per la maggiore i travasi: perché allagare la cucina con ciotole e ciotoline e mestolini quando dobbiamo comunque allagare il bagno?!?
Non c'è bisogno di chissà che materiali, bastano un paio di vasetti dello yogurt, dei tappi di flaconi, dei cucchiai, insomma qualsiasi rifiuto solido, non nocivo..., in grado di contenere dei liquidi, e di versarli anche.
L'altro evergreen sono i pupazzetti di gomma.
Galleggiano, recitano buffe gag, inscenano siparietti e finti annegamenti, se li premi sotto il pelo dell'acqua fan le bolle, se lo fai in superficie schizzano getti d'acqua potentissimi ai danni del malcapitato di turno...fratellino, papà, pareti, accappatoio (non più) asciutto, specchio...insomma divertimento assicurato.
Ma.
In una bacinella da bucato in cui stanno in ammollo due bambini non c'è spazio per molto altro.
Stando al principio di Archimede (oddio era Archimede...quello del solido immerso in un liquido la massa d'acqua blablabla?...) due bambini più allegra brigata di pupazzetti di gomma, in numero mai inferiore alla decina, uguale a poca, pochissima acqua, tendente allo zero.
Il che ha i suoi indubbi vantaggi sul piano dell'impatto ambientale, ma siamo qui anche per lavarci, ricordate?
Inoltre tali simpatici pupazzetti hanno la disgustosa capacità di trattenere liquidi al loro interno anche a fronte di ripetuti ed insistenti tentativi di svuotamento.
Non c'è niente da fare, un filo di umidità, una patina d'acqua rimarrà sempre e comunque al loro interno.
E sì, succederà.
Diventerà muffa.
Bleah.
Io l'ho vista.
Soprattutto in quegli esemplari dalle tinte chiare, la paperella gialla, il granchietto arancione, il delfino azzurro: in controluce rivelano tutto il loro paludoso aspetto interiore.
Quindi sono stati quasi banditi.
Abbiamo la nostra validissima alternativa.


Allegra, colorata, leggera, non ammuffente.
Impermeabile, non trattiene l'acqua, e asciuga velocissimamente.
Si appiccica, da bagnata, alle pareti della vasca, del box doccia,  sulle piastrelle del bagno e anche sulla plastica della bacinella.


Galleggia.

E si attacca e si stacca, tutte le volte che le viene chiesto di farlo.




Uno dei giocattoli fatti in casa con i tempi di realizzazione più brevi che mi sia mai capitato di produrre.
E tra i più longevi in termini di tenuta e appeal ludico.
Un successone.
Per chi volesse provarci ecco le brevi e poche istruzioni da seguire.

 
Procuratevi della gomma crepla.
Si tratta di un materiale gommoso, morbido, leggero, malleabile, si taglia facilmente, si può incollare, cucire, assemblare.
Galleggia, è lavabile e impermeabile.
Insomma un signor materiale.
Ne avevo già decantato le lodi qui, quando l'avevo utilizzato per realizzare delle sewing cards.

Ora che avete i vostri fogli di gomma crepla tra le mani non vi resta che disegnarci sopra delle sagome, qualsiasi forma vi venga in mente, e poi ritagliarle.
Io mi sono buttata su semplici forme geometriche, rettangoli, quadrati, cerchi, triangoli, da combinare tra loro a piacere e fantasia, con l'aggiunta di qualche pesce e un paio di alghette (quest'ultime hanno avuto la peggio però sulla manualità curiosa, investigativa e un po' bruta di Zeno...).





Ecco.
Fatto e finito.
Aprite il rubinetto, riempite la vasca, buttateci dentro i marmocchi e tutte le vostre coloratissime formine di gomma e buon divertimento!











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