giovedì 19 febbraio 2015

a carnevale ogni ricordo vale

L'altro giorno un'amica, vedendo i miei figli mascherati, mi ha chiesto se pure io mi fossi agghindata e travestita in qualche modo.
No, non mi sono vestita questo Carnevale. E neppure quello prima, nè quello prima ancora e tantomeno quello precedente. Le volte in cui mi sono messa in costume a Carnevale le conto sulle dita di una mano.
Ne ricordo una in particolare, particolarmente ben riuscita.
Mi ero vestita da Olivia, quella di Braccio di Ferro, e nonostante la mia figura sia tutt'altro che spilungona e longilinea risultavo parecchio credibile con quella magliettina rossa dal colletto bianco, la gonna lunga al ginocchio e lo chignon nero ben piazzato sul cucuzzolo della mia testolina.

La verità, Olivia a parte, è che non ho mai amato mettermi in maschera a Carnevale.
Nemmeno (o forse soprattutto) da bambina. Sarà che non ho mai avuto un costume che mi piacesse davvero.
Non ho nemmeno mai avuto un costume vero, a pensarci bene, se non si conta quello da ballerina che avevo alla materna (io...ballerina? naaa...).
Poi ricordo solo un abito da damina fatta a mano, di seconda mano, passatomi da mia cugina.
Dai colori per niente sgargianti, non un brillantino, uno strass, un infimo zircone di plastica, non una balza, un fiocco, un pizzo.
Unico vezzo: un cappellino con la veletta di tulle, ricavato da una vaschetta di plastica, quelle dei cavoletti di Bruxelles per intenderci, rivestita di carta crespa, fine opera d'ingegno ricicloso-creativo di tutto rispetto, devo riconoscerlo.
Ricordo che guardavo con una languida invidia le gonne ampie e i trionfi di glitter rosa e i tripudi di rasi azzurri di certe mie amiche. Niente che non abbia superato, per carità. Son diventata grande e grossa lo stesso.
Però. Però a mia figlia, che ora è completamene immersa in quella fase in cui tutto è magico, fatato, principesco, ho deciso che avrei evitato, entro certi limiti, questo strazio. Scendendo pure a compromessi con i miei "ideali" educativi e mettendo da parte velleità sartoriali, che in fondo non ho.
Le ho comprato un vestito. Con la gonna lunga, il tulle, i brillantini e le perline. Grigio perla e bianco ghiaccio. Da Regina delle nevi, che principesse del ghiaccio in giro ce n'erano pure troppe quest'anno.
Unico vezzo mamamade: una coroncina di feltro, minimale ed elegantissima, a mio modesto parere. Dove sta scritto in fondo che regale debba per forza far rima con pacchiano.
"E suvvia, proviamo ad educarlo un po' questo buon gusto!" pensavo tronfia e intimamente fiera tra me e me passeggiando verso casa dopo una delle prime feste mascherate di questo febbraio, quando lei schietta e decisa mi fa: "Lo sai mamma, da cosa vorrei vestirmi il prossimo carnevale? Da Elsa, quella vera!"
Ho provato nei giorni successivi ad arrampicarmi sugli specchi spiegandole che mica è detto che Elsa abbia solo quel vestito azzurro. Insomma, è una regina, avrà pure qualcos'altro nel suo armadio, santo cielo! Poi mi è venuta in mente Puffetta e ho cambiato discorso.

Comunque a me il Carnevale piace. Ci sono parecchio legata al Carnevale. E tanti miei ricordi sono legati a Carnevale.
E' stato teatro di tante prime volte, di primi passi, spesso barcollanti, fatti da sola fuori nel mondo.
Amicizie, divertimenti, prime serate fuori a far baldoria quando il sabato grasso era d'obbligo, per noi liceali della terraferma, riversarci nelle calli e nei campielli, all'insegna di quel "semel in anno..." che assumeva quasi i toni di un rito iniziatico. Un po' come i falò sulla spiaggia nelle estati di molti. Con la differenza che è inverno, fa freddo e non fai che camminare invece di startene seduto in panciolle di fronte al fuoco che scoppietta.

Venezia e il Carnevale han fatto da quinta ad una delle mie più belle amicizie, venuta da lontano e mai più ripartita. E ricordo quanto tutto sembrasse ancor più bello anche a me, visto nel riflesso dei suoi occhi.

Venezia e il Carnevale sono state il mio primo lavoro. Apprendista artigiana in un laboratorio di maschere tradizionali. Avevo cominciato proprio a febbraio, nel pieno dell'attività. Lavoravo con un grembiulone bianco addosso,  le mani impiastricciate di colla, il mio inglese sempre un po' stentato e il mio francese allora così fluido, le maschere appese fino sul soffitto da spolverare, la Commedia dell'Arte da studiare, affascinante, antica, saggia e sempre attuale.
Era un gran bello lavoro. Avrebbe potuto benissimo essere il lavoro della mia vita. Ma in quei  miei lontani 21 anni lungimiranza e costanza scarseggiavano. Ero ancora all'inizio di tante cose, sulla porta di tanta vita. Avevo ancora un sacco di travestimenti da provare e trasformazioni da sperimentare.
Buffo pensare che la mia carriera lavorativa sia iniziata in un posto con un nome così.
Buffo ed eloquente.

Comunque visto che era Carnevale martedì sono andata a Venezia.
E' sempre un'ottima idea andare a Venezia.











12 commenti:

  1. Che tenero, potente e meraviglioso questo tuo scritto. ... piango ancora qualche litro, poi mi ricompongo e vengo a celebrarlo di nuovo come meglio si addice....
    è bellissima la tua regina delle nevi! E io ho ancora più voglia di celebrare io carnevale. ... un abbraccio più stretto di quello che tu possa immaginare da una squa super-emotional....

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    1. tenero immaginavo potesse esserlo. potente, e ancor più, meraviglioso son parole che mi fanno gongolare. grazie bella donna, a te alle tue super-emotion! ;-)

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  2. Io come te non amo il carnevale. E per gli stessi motivi. L'unico abito che ricordo con vera commozione è quello da damina che mia madre ricavo, nientepopodimenoche, dal suo abito da sposa!!
    Ma anche la Pulcetta nel pieno dei suoi anni da principessa (quasi quattro anni) ha voluto il suo bel costume da Aurora (principessa unconventional al giorno d'oggi è già per questo orgoglio di madre). Siamo arrivate alla festa a scuola senza corona (ne avevo pensata anch'io una di feltro, ma la sarta che ha confezionato il vestito mi ha detto: ma signora, a carnevale ci vogliono i Lustrini! E mi è passata la voglia!) e la Pulcetta c'è rimasta male. Sa già cosa vuole l'anno prossimo: una bella Ariel con una coda lunga lunga!

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    1. ah le sarte, non sempre facile trovarne dotate di buon gusto! no, scherzo, però magari alcune sono un po', come dire, classiche...sono curiosa di vedere come viene fuori la coda da sirena il prossimo carnevale!

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  3. Beh ma forse anche puffetta, nel suo armadio, aveva un qualche abito di altro colore, no? Dici che no? Non c'è speranza...?? Vabbè dai, tu c'hai provato! ;-)))
    Anche'io ho tanti ricordi legati al carnevale: ho persino fatto la truccatrice, un anno, a Venezia.. però devo confessare che non mi è mai piaciuto. Non ho mai amato travestirmi, nemmeno da bambina, quando mia mamma (una sarta bravissima) mi avrebbe fatto qualsiasi vestito volessi.. me lo chiedeva, speranzosa, ogni anno.. Ricordo che una volta le risposi che volevo vestirmi da puzzola e lei ci mise un mese per farmi il costume, tutto peloso, bianco e nero, con una coda enorme e morbidissima. Io detesto il carnevale, ahimè, ancora oggi.

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    1. ahahah, no, sai perchè ho nomnato puffetta e il suo armadio? perchè ricordo un'illustrazione, o forse era uno spezzone di un cartone in cui si vedeva puffetta di fronte al proprio armadio e...c'era lo stesso vestito in multiple copie! aiuto! arei curiosa di vedere il costume da puzzola!

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  4. Le tue foto sono sempre bellissime, le tue parole evocative.

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  5. anche i miei bambini hanno una discreta collezione di costumi, ne chiedono uno a ogni occasione di regalo! tipo che a Natale ci portiamo avanti per il carnevale ;)
    bellissime foto!

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    1. noi in realtà abbiamo una piccola cassapanca di legno piena zeppa di stoffe, foulard, nastri, cappelli e varie che usano tutto l'anno per travestirsi. e finora per carnevale ce l'eravamo sempre cavata con qualcosa di handmade o qualche accessorio e poco più. ma quest'anno il vestito da principessa se lo meritava tutto!

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  6. vado di fretta...non posso leggere il post, ma ho guardato visto osservato le foto, bellissime!

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