lunedì 4 novembre 2013

cohousing, cinque anni dopo

Cinque anni fa.
Un novembrissimo sabato d'inizio novembre.
A Casavecchia s'inaugurava la cohousing.
Si varava questa nave, bizzarramente assortita.
Dalla rotta incerta, ma con a bordo un equipaggio di naviganti entusiasti e motivati.
Anche un po' inconsapevoli ed incoscienti, forse.
Senz'altro non preparati.
Ma chi mai è preparato, davvero, al domani e alle sue mille imprevedibili variabili?
Non lo siamo quando viviamo da soli, tra noi e noi, figuriamoci quando decidi che casa tua non è solo tua e che la tua quotidianità s'intreccerà, fittissimamente, con quella di altre 5, 6, 7, quante?, persone.
E senza un minimo di spavalda e incurante incoscienza non c'è avventura che possa essere vissuta.
A ponderare ipotesi, a riempire borse di se e di ma, si rischia di non andar lontano, zavorrati al terreno dalle nostre sicurezze e dalle nostre paure.
E in quel momento della mia vita un'opportunità tale non andava trascurata, chè mi sentivo parecchio stagnante.
Un centinaio, abbondante, di persone quel sabato erano lì.
Amici, parenti, conoscenti.
A vedere, a capire, a cercar di capire, perché qualche scettico a guardarci c'è sempre stato.
A incoraggiare gli animi e a dar man forte, perché qualche entusiasta a supportarci c'è sempre stato.
Poi il sindaco, qualche autorità, un po' di stampa.
Perché lì, in quel fazzoletto di provincia, in quell'angolo di campagna rimasto intrappolato tra autostrade e capannoni, stava per succedere qualcosa di nuovo, eppure tanto vecchio.
E non si poteva restare indifferenti.

Ieri siamo stati lì, a Casavecchia.
C'è stata una piccola, e quasi intima, reunion.
Una calda rimpatriata, attorno alle solite tavole imbandite.
C'eravamo quasi tutti.
Tranne uno dei vecchi e una coppia dei nuovi.
Chi è entrato per primo e subito, ed è uscito da appena un mese.
Chi ha fatto solo un tentativo, sei mesi, poco più.
Chi ancora c'è, ma presto andrà altrove, dove di sicuro ancora non si sa.
Chi, (noi) lì è entrato in due ed è uscito in quattro.
Chi quella è casa sua e ora per la prima volta in cinque anni si ritrova con la casa quasi vuota.
E per la prima volta questo strano e fortuito meccanismo del turnover sembra essersi inceppato.





Ho passeggiato lungo l'argine con Cora, schivando i rovi e seguendo un porcellino d'india che si nascondeva tra le foglie secche.
Le ho raccontato di quante volte abbiamo fatto quella passeggiata assieme.



Con lei a nuotare nel pancione, mentre io infilavo passi uno dietro l'altro, sull'erba bagnata di rugiada che mese dopo mese cambiava d'abito e si vestiva di piccoli fiori azzurri.
Con lei nella fascia, stretta a me, mentre di nuovo il bosco si tingeva di giallo e anatre e aironi cinerini si raccoglievano sulle acque del laghetto, prima di volare via lontano, verso il caldo.


Con Zeno nel pancione e lei che ormai zompettava spavalda davanti a me.
E infine con Zeno nella fascia, stretto a me, lei che chiaccherava e chiaccherava e la nostra piccola casa di legno e pietra che si svuotava per migrare altrove.


Ho respirato l'odore di brume e fango, che forti iniziavano a salire mentre il sole scendeva.


Abbiamo dato da mangiare agli animali, accarezzato l'asina e la capretta.
Seguito Riccardo cuor di pavone nelle sue passeggiate alla ricerca di un pezzo di formaggio.




Ho per l'ennesima volta accarezzato l'idea che quello fosse il posto.
Quello e nessun altro.
Che lì ci fosse tutto quello di cui avrei potuto aver bisogno.
Ho per l'ennesima volta sentito il morso del rimpianto.
La stretta al cuore che ti arriva, decisa e categorica, nel momento in cui il dubbio di aver fatto la scelta sbagliata ti assale i sensi e la ragione, di essere stata una pazza a privare i miei figli di una tale opportunità.

Ma poi la ragione, e la consapevolezza, riprendono in mano il timone.
I ricordi belli vengono offuscati dalla nebbia, spessa e lattiginosa, dei ricordi meno piacevoli.
Le dinamiche, le relazioni, il continuo cercare, dialogare e confrontarsi, non sempre pacificamente, alla faccia dell'empatia e della comunicazione non violenta.
La montagna, granitica e alta, di lavori da fare.
Sempre tante, chè a volte invece tutto ciò di cui avrei avuto voglia era solo andare a fare due passi, fuori di lì.
E allora lasci salpare questa zattera di nostalgia, che navighi pure sulle calme acque del ricordo, di quel che è stato e che ringrazi di aver, comunque, vissuto.



C'erano anche due famiglie ieri, lì per conoscere e farsi conoscere.
Con la voglia di capire e scoprire, per farsi un'idea, interessati all'esperienza.
Forse saliranno a bordo, chi lo sa.
Ne sono passati tanti così, in questi anni.
I curiosi, li chiamavamo.
Chi solo per vedere chi invece perché intenzionato a mettere in piedi qualcosa di simile.
Venivano, spesso il tempo di un pranzo e un pomeriggio di chiacchere.
Altre volte stavano lì un paio di giorni, partecipavano alla vita della cohousing nel vano tentativo di capire meglio come funzionava...come se potessero bastare due giorni per sapere, per capire.
E noi ci sentivamo un po' delle bestie allo zoo.
Allora per sdrammatizzare iniziavamo con le nostre stupide gag, da fare rigorosamente tra di noi, con quell'alone di complicità e intimità che ti fa sentire unito e al sicuro, che ti protegge dalle incursioni del mondo: "il cohouser adulto la domenica prepara lauti banchetti per almeno trenta persone, spignatta dall'alba e lava piatti  e stoviglie fino al tramonto..." oppure "il cucciolo di cohouser cresce in mezzo a orti e galline sorvegliato e accudito dai membri adulti....".
E quanto piaceva alla gente venire lì, cibarsi di questi scorci tanto bucolici quanto illusori, saziarsi ingenuamente di quest'idea così accattivante senza scorgerne a volte le difficoltà, senza intuirne la complessità.

Oggi, mentre stavamo andando via una delle ragazze interessate a entrare mi ha chiesto com'è stato vivere lì.
I difetti e i pregi del vivere in cohousing, mi ha chiesto, in maniera diretta e funzionale.
Se sei libera per i prossimi due mesi ci sediamo qui e comincio se vuoi, avrei voluto risponderle.
Come faccio a raccontarti tutto il bello e tutto il brutto qui su due piedi, mentre mia figlia si dondola sull'altalena appesa al ramo, mio marito sta portando qui la macchina e il sole sta precipitosamente calando e la foschia sta pericolosamente salendo?
Come faccio a dirti cosa, veramente, ne penso.
Come faccio a spiegarti cosa, veramente, ho imparato.
Alla fine tiro fuori sempre quelle quattro risposte.
Veritiere, senz'altro.
Ma non è tutto.
Che è stato bellissimo, ma anche tanto difficile e complesso.
Che siamo entrati che eravamo una coppia e siamo usciti che eravamo una famiglia.
Di quattro persone. In tre anni.
Sarebbero stati anni bellissimi, ma difficili e complessi ovunque, no?
Che sono entrata ragazza e ne sono uscita, quasi, donna.
Che i miei due puerperi sono stati facili e belli, perché attorno a me c'era una rete di persone sempre pronte ad aiutarmi.
A mezzogiorno avrei sempre trovato un piatto caldo pronto, se ne avessi avuto voglia avrei solo dovuto scendere una rampa di scale, nel frattempo qualcuno avrebbe cullato i miei bambini.
E bastava poi salire una scala per ritrovare l'intimità del mio nido, chiudere la porta e lasciare fuori il mondo.
Ma poi, quando i bimbi son cresciuti ho sentito più forte dentro di me il bisogno di raccoglierci, e avere i nostri tempi e i nostri spazi. Di creare la mia famiglia.
E il tempo per noi come coppia si stava facendo pericolosamente poco.
E le difficoltà a muoversi di lì, quel sentirsi a volte in gabbia, isolati eppur tanto circondati da persone, sempre e sempre.
Ospiti, eventi, corsi, scolaresche, una continua frenesia, un costante andirivieni.
Bello il mondo che ti entra in casa.
Peccato che a volte tu faccia una gran fatica ad uscire di casa per andare nel mondo, anche quello più prossimo.
Bello e stimolante il confronto, il contatto con realtà diverse, difficili e difficoltose.
Ma come faccio a raccontarti adesso di tutti quei progetti di recupero, di reinserimento sociale e lavorativo con casi psichiatrici, ex tossici, gente uscita dal carcere...non è facile viverci in mezzo, tutti i giorni.
Ci vuole una certa preparazione. E anche una spiccata vocazione.
Non ti ci puoi improvvisare e non puoi sottovalutare l'impatto che avranno su di te, novella mamma che se potesse dipingerebbe il cielo a pois per dare ai propri figli un mondo di favola.
Come faccio a raccontarti le sere passate a chiederci cosa fare, se restare, dove andare.
Perché la stanchezza si faceva sentire.
E la motivazione iniziava ad essere merce rara nei nostri animi.
Come faccio a spiegarti che ora sono contenta di essere qui, in questo piccolo mondo antico, da dove quasi non vedi il cielo tanto è folta questa selva di alberi.
Ma che sono ancora più contenta di sapere che adesso saliamo in macchina e quando sarà buio saremo a casa.
A casa nostra.
Perché ad un certo punto ho capito che se non è tutto oro quello che luccica, non è nemmeno solo verde e azzurro quello di cui ho bisogno per essere felice.











18 commenti:

  1. Commentare senza Sapere sarebbe sciocco da parte mia. Ma le tue parole sono come immagini nitide, sentimenti un po' contrastanti, forse, di un mondo tanto affascinante quanto complesso.

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    1. hai detto bene, sentimenti contrastanti, il fascino e la complessità.
      a più di un anno dalla nostra partenza da lì sono ancora su quell'altalena.

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  2. i tuoi ricordi, le tue riflessioni, colpiscono allo stomaco. non mi dici nulla che non abbia gia' pensato ma gli dai una consistenza tale, una densita', a cui non si sfugge. noi siamo in 4, saremo a breve in 5 e siamo alla vigilia di una grande scelta...ecco, io il mondo che ti entra in casa, quello non so se ce la posso fare, quello piu' di tutto il resto,
    anna

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    1. quando è toccato a noi trovarci di fronte alla scelta i bambini ancora non c'erano.
      eravamo solo noi due, stavamo in affitto, non avevamo nulla da perdere e ci siamo buttati, entusiasti e motivati.
      abbiamo deciso nel giro di 15 giorni netti.
      e ne abbiamo senz'altro guadagnato, molto. moltissimo.
      il mondo in casa a volte mi manca, soprattutto i woofers e i musicisti che arrivavano lì da ovunque: Israele, Canada, Sudafrica, mezza europa e tutta italia.
      quello che mi è pesato di più è stata il lato "sociale" di quel posto e la sua capacità di attrarre persone problematiche e un po' perse, che proiettavano sulla bucolica vita in campagna tutto uno scenario di nuove possibilità, di rinascita e altre amenità.
      tutto ciò ovviamente aveva delle ricadute sul nostro gruppo, che già aveva il suo bel cammino in salita di fronte a sé.

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  3. Sei bravissima a raccontare luci e ombre. Immagino la nostalgia adesso, ma anche la difficoltà di vivere quella vita allora. Un'esperienza molto importante comunque, soprattutto per la fase di vita in gui l'avete fatta, come dici tu. Io sono stata ospite di un posto simile, in Spagna. Una breve e molto intensa esperienza.

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    1. rifarei tutto, credimi.
      ci dispiace aver lasciato il "format", come ironicamente lo chiama mio marito.
      avremmo voluto mettere in piedi qualcosa di simile, in un contesto meno rurale e con degli obiettivi diversi, più legato al vivere quotidiano e senza implicazioni "imprenditoriali", con altre famiglie con bambini.
      ma ci vuole tempo per trovare il tempo e il posto giusto.
      e usciti da lì avevamo solo bisogno di ritrovarci, chiudere la porta e stare tra di noi.
      chissà, un giorno magari...il mio sogno è una cohousing a Venezia, un bel palazzo su un campiello di un sestiere residenziale, lontano dalle orde dei turisti...

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  4. sembra di essere lì, tra quegli alberi e tra i tuoi pensieri, così ben raccontati...

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    1. ogni volta che vado lì mi si scatena tutto un subbuglio emozionale e non posso fare a meno di parlarne, di scriverne.
      mi aiuta a mettere ordine tra le emozioni
      mi fa piacere sapere che qualcosa di tutto questo subbuglio arrivi anche a qualcun altro.

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  5. adoro il tuo blog.... non ne sapevo nulla del cohousing e fondamentalmente non ne so neppure ora nulla ma ho avuto una piccola percezione di tutta la profondità dell'esperienza

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    1. grazi bussola :)
      mi rendo conto che qui finora ne ho parlato sempre in termini emotivi, ma non sono mai scesa nei dettagli tecnici di quest'esperienza, che effettivamente sono molti e conoscerli aiuta a comprendere meglio anche tutte queste mie chiacchere!
      con calma racconterò e spiegherò come funzionava da noi.
      comunque, in soldoni, per cohousing s'intende una forma di coabitazione tra più persone, singoli, famiglie, nuclei di qualsiasi composizione, che prevede la presenza di spazi abitativi privati e spazi e momenti di socializzazione e condivisione comuni.
      ovviamente questo tipo di esperienza si può declinare in mille modi diversi, in mille contesti (rurale, urbano, case, palazzi, quasi interi villaggi...) e nel mondo ce ne sono vari esempi, soprattutto nei paesi scandinavi, in Canada e in America, dove sono nate le prime negli anni settanta.
      Quando abbiamo cominciato noi in Italia eravamo tra i primi, nello stesso periodo ne stava nascendo una, grossa, a Torino: un intero palazzo acquistato e ristrutturato per ricavarne appartamenti diversi ed adatti alle esigenze di ognuno, più ambienti di servizio comuni, cucina e sala per feste e grandi cene, micronido (!!!!) per i membri ma anche per esterni, car pooling interno...insomma dei fichi!

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  6. Molto intenso questo tuo post per raccontare qualcosa che è una vita intera..grazie per questo scorcio!

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  7. Sono arrivata qua tramite Daniela di "Il coltello di Banjas". Ho letto il tuo commento su questa esperienza e mi sono precipitata a leggere questo post! E' affascinante il modo in cui hai raccontato qualcosa che sinceramente non conoscevo e mi ha incuriosito subito! Mi hai trasmesso tutte le emozioni di questa tua esperienza di vita :) a presto!

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  8. Mi hai letteralmente rapita...
    grazie per questa così complessa condivisione...

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  9. grazie a voi per aver letto.
    senza qualcuno che legge queste mie chiacchere non ci sarebbe vera condivisione.

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  10. Cohousing a Venezia? Shaula, considera che a Venezia è difficile accorgersi anche delle stagioni che cambiano...non è tutto oro quello che luccica, come scrivi tu ;) però ci penso e magari un giorno...nella mia corte...
    Comunque mi hai fatto venire i brividi, bellissime le foto al semi buio autunnale, e bellissimi bimbi che con "casavecchia" hanno sicuramente ormai un legame

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    1. sì, lo so, la mia idea di Venezia a volte è molto romantica, passami il termine.
      diciamo che vorrei viverci un giorno sì e un giorno no: sono consapevole delle enormi difficoltà, logistiche e non solo che comporta vivere lì, e il costo della vita, e l'assedio dei turisti e la città-museo.
      però forse è anche per questo che mi piacerebbe, perché una Venezia vera, vissuta, reale, residenziale è un gran bel sogno, no? ;)
      magari un giorno...

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  11. wow che esperienza! Siete stati coraggiosi sia nel sceglierla inizialmente che nel cambiare strada poi! Bravi!

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  12. Leggo solo ora, neppure nell'ordine giusto, i post dedicati a Casavecchia e questa esperienza di vita.
    Sai che ora mi pare di capire un pò di piu' anche degli altri tuoi post?
    Questo scorcio di vita è raccontato benissimo...posso solo immaginare come possa essere stato, è perchè le mie esperienze di vita in comune sono state solo all'università oppure con altri membri della famiglia, d'estate, ed era insieme bellissimo e difficilissimo, superate le prime settimane di entusiasmo..grazie per aver condiviso tutto questo!

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