venerdì 4 maggio 2018

trenta dì: aprile

© Shaula Segato-shaulalalala

Aprile è finito in una baleno. 
Finito veloce come le uova di cioccolato.
Iniziato in una domenica di festa, tra le mura di casa e le braccia della famiglia ha avuto fin da subito il sapore delle cose buone, da assaporare e gustare in compagnia. 
Proprio come le uova di cioccolato.

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

Aprile sono le prime giornate lunghe, gli alberi in fiore, l'aria finalmente tiepida. 
Inizia quello che chiamo il letargo delle mie mani e il risveglio dei miei piedi. 
Rallenta la mia creatività, ripongo aghi e fili per interi giorni e settimane, sposto l'attenzione oltre le finestre di casa e i confini di questi giorni. 
Aprile è voglia di partire. 
Più del solito. 
Voglia di andare lì fuori, da qualche parte nel mondo, io e loro. 
Trovarsi a fissare il mappamondo con sguardo sognante, immaginare vite altre, spiccare voli fantastici e passare il tempo a inventare progetti.

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

Aprile è uno dei miei mesi preferiti per viaggiare. 
Ma spesso Aprile è l'arte di restare, di godere del quotidiano, del qui e ora, per nulla ordinario, che ci circonda a brevissima distanza da casa. 
Gitarelle fuori porta, antidoti infallibile alla mia irrequieta ed insaziabile voglia di andare. 
Quel prurito ai piedi e quella fame di mondo che in primavera sembra farsi ancor più insistente.

Ho la fortuna di vivere in una regione estremamente varia. 
Ad un'ora di macchina da casa ho centri storici bellissimi, colline morbide e montagne alte (e che montagne aggiungerei), spiagge e campagne, laguna e piccoli borghi, laghi e castelli e fiumi. 
E Venezia. 
Da fare e vedere non ne manca di certo. 
Questa regione dove abito, e dove a volte fatico a riconoscermi, mi offre ogni giorno la possibilità di viaggiare restando ferma, o spostandomi davvero di poco.

Così per ogni fine-settimana di questo aprile abbiamo trovato una meta diversa, alcune vecchie fidate conoscenze ed altre che finalmente ho spuntato dalla mappa dei desideri.
Province diverse, paesaggi vari, un elemento comune sempre: l'acqua.

Abbiamo cominciato con un pic-nic sulle sponde del fiume Sile, venti minuti netti di macchina da casa.
Una coperta sul prato, panini con salmone, carote da sgranocchiare per pranzo.
Acquerelli e pennelli, qualche pagina di libro, per dopo pranzo. 
Lungo la passeggiata relitti di barche, mangiati dall'acqua e dal tempo, diventati tutt'uno con la terra e le piante, abitate da cigni e anatre e gabbiani e tartarughe. 
Un percorso di passarelle di legno, in un angolo di marca trevigiana dai contorni un po' surreali, a metà tra natura placida e archeologia industriale, ritratto sintetico ma efficace di questa terra. 

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

I bambini ovviamente sono rimasti affascinati e colpiti da questo paesaggio, (cimitero dei Burci è il suo nome e si trova a Casier, in provincia di Treviso)  su cui hanno iniziato a fantasticare di avventure di marinai e creature degli abissi.
La ressa da lunedì di Pasquetta ha probabilmente guastato un po' la calma del posto, ma credo fosse così un po' ovunque quel giorno.

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

© Shaula Segato-shaulalalala

Il fine settimana successivo è stata la volta di una passeggiata in laguna, un pezzo di barena che a me ricorda tanto la Camargue ( o meglio: la Camargue mi ha ricordato tanto questo nostro pezzo di barena). 
Partiti dopo pranzo da casa, un'ora di macchina ed eravamo a destinazione: Lio Piccolo, minuscolo, ma davvero minuscolo borgo tra le spiagge del Cavallino e TrePorti, da dove si salpa con il traghetto verso Venezia e le isole. 
Il tempo di parcheggiare la macchina, rendermi conto che non avevo inserito la schedina della memoria nella reflex e siamo partiti, sotto i raggi tiepidi del sole delle 5 del pomeriggio. 
Un paio 'ore di passeggiata, lenta lenta, con mille tappe qui e là.
Una piazza, di sabbia e pietre.
Una chiesa e due palazzi, vuoti. 
Qualche casa. 
I contadini, i campi di cardi, i trattori.
Fenicotteri, tanti quanti non ne ho mai visti così da vicino, e moscerini.
Lungo il sentiero chele e gusci di granchio, ossi di seppia, qualche conchiglia: i resti dei pranzi, pescati in volo dai gabbiani.
Tutt'attorno la laguna, la barena, le barche, i canali, le bricole..
Angoli di infinita e sobria ed autentica bellezza, di quella che a me resta dentro a lungo. 

© Shaula Segato-shaulalalala

E poi ancora Venezia, la settimana dopo.
Un traghetto fino alla Giudecca, una bellissima mostra di fotografia alla casa dei 3 oci, per fare
 il pieno di ispirazioni e bellezza, quella vera ed autentica per davvero. 
Quella infinita, che supera confini e terre e decenni e secoli. 
Che arriva ai miei occhi e parla l'unica lingua che a volte vorrei sentire. 
Una mostra bellissima, e spesso commovente per me, sull'opera di Fulvio Roiter e le sue fotografie, con tutto il loro potere evocativo e narrativo, di celebrazione dell'attimo, del dettaglio, del tempo, della natura, del viaggio, del "reale nobilitato". Una mostra bellissima all'interno di una casa magnifica, affacciata sul canale della Giudecca, immersa nella sua luce e nella sua infinita bellezza, che racconta con garbo d'altri tempi la sua storia ai suoi ospiti. 


© Shaula Segato-shaulalalala

E dopo la mostra il lento ritorno verso casa.
Il traghetto che ci riporta dall'altra parte del canale della Giudecca, lasciandoci in una piazza San Marco gremita come sempre da cui ci defiliamo via veloci, come sempre.
E poi via a piedi, tutta la strada a ritroso, fermandoci qui e là, per una polpetta e un bicchiere e un sorso di bellezza, uno ancora, prima di salire in treno, con la nostra tradizionale cena etnica d'asporto presa da Orient Expreience.
Cicchetti e ombra invece questa volta sono stati presi in un bacaro sul ponte ai Santi Giovanni e Paolo per la polpetta e il bianco, guardando l'ingresso di quell'ospedale in cui ho fatto una delle prime ecografie quando aspettavo la mia prima bimba...ovvero come perdersi in un bicchiere di nostalgia.

© Shaula Segato-shaulalalala

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© Shaula Segato-shaulalalala

Come ogni volta che vengo a Venezia poi mi assale sempre quella sensazione di malinconia e mista  stupore e condita di gratitudine.
Penso sempre che vorrei vederti una volta sola, una volta almeno, con gli occhi di chi non l'ha mai vista prima.
Quando ci avviciniamo alla stazione, in quelle ultime decine di metri di ponte steso sull'acqua, e inizia a comparire all'orizzonte, spero sempre di avere vicino a me, sul sedile a fianco, qualcuno che sta arrivando qui per la prima volta.
Allora il mio sguardo si posa sui suoi occhi, su quel collo teso per spingersi un po' più in là del finestrino, su quelle gambe che stentano a restare ancora sedute, pronte a perdersi tra le sue calli. 
Li riconosco subito, quelli che la vedono per la prima volta. 
È stupore, e meraviglia, e incanto. •
E io sono sempre infinitamente grata di vivere così vicino a Venezia.
Così vicino che in venti minuti mi trovo catapultata e immersa nella sua infinita bellezza. 
Per tutte le volte in cui sento forte dentro di me il bisogno di partire, e la fame di mondo, e la voglia di gente, e la necessità di silenzio, e la sete di lentezza, e l'urgenza di meraviglia.
Infinitamente grata che tu sia parte del mio inquadradibile quotidiano. 

Le ultime foto di questo post le ho scattate nella libreria Acqua Alta, uno di quei posti in cui non ero ancora stata e così come per Lio piccolo, l'ho spuntato dalla mia lista.
E' un posto magico e surreale come questa città. 
Come questa città ha bisogno di educazione, discrezione, silenzio e rispetto. 
E ha bisogno di essere sostenuto e tenuto in vita, e non solo sfruttato per ritrovarsi poi a far da sfondo a mille foto di gente di passaggio. 
Quindi se ci andate almeno  un libro, un piccolo libro, una vecchia edizione, qualche volume dalle pagine ingiallite, una stampa incartapecorita compratele e portatele a casa con voi. 
Io uno l'ho comprato e ho trovato che ci stesse proprio bene con l'umore di questo  io aprile da piccola girovaga.

© Shaula Segato-shaulalalala

L'ultima gitarella fuori porta del mese invece ci ha portati sulle rive del lago di Garda, per una due giorni di relax, svago e divertimento: terme e Gardaland, una delle nostre mini vacanze del cuore da sempre, fin da quando eravamo solo io e lui senza bambini. 
Una formula super collaudata che non delude mai. 
Di solito ci aggiungiamo anche due passi per Borghetto sul Mincio e un piatto di tortelli fatti a mano, o un giro a Lazise o Sirmione, bellissime anche loro. 

Questo lunghissimo post sulle bellezze si chiude qui, intenso e ricco come il mese di cui racconta.
Maggio è iniziato da qualche giorno e sarà all'insegna della calma e dei preparativi per il prossimo viaggio, pronto per essere spuntato dalla mappa dei miei desideri.

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