Voi avete mai dormito a scuola?
"Con la testa sul banco" o "durante l'occupazione" non valgono come risposte. Quello l'abbiamo fatto un po' tutti in fondo, no?
Io sì. Ora vi racconto quando, come, ma soprattutto dove.
Al confine tra ottobre e novembre, quando l'autunno dà il meglio di sè, siamo partiti verso la montagna qui vicino per un weekend a base di formaggio, foglie secche e famiglia.
Una di quelle partenze che archivio sotto il fresco e rigenerante nome di gitarelle fuori porta: corte abbastanza da non potersi chiamare vacanza, ma lunghe a sufficienza da farti mettere due cose in valigia, cosa che su di me ha sempre un effetto adrenalinico e calmante allo stesso tempo.
Era una meta scelta da qualche mese e rimandata dall'inizio dell'estate.
Voleva essere un regalo per la mia bimba grande, per festeggiare la fine dell'asilo e augurarle un felice ingresso alla scuola elementare: portarla a dormire in una vecchia scuola e fare scorpacciate del suo formaggio preferito.
Piccoli piaceri, che in fondo il segreto della felicità a volte sta tutto qui.
Passa l'estate, finiscono le vacanze e nel frattempo la mia bimba grande comincia la scuola nuova, quella dei grandi, dove non ci sono più scivoli in giardino, si sta seduti tantissimo tempo, si impara e leggere, scrivere e far di conto e il mio cuore di mamma si strugge di malinconia per quest'infanzia che galoppa veloce come il vento e trema di paura al pensiero di colori spenti, entusiasmi sbiaditi e sfumature sfrondate.
Nel frattempo della nostra gitarella fuori porta nemmeno l'ombra, presi dal solito tran tran di tutti i dì.
Finalmente una tiepida e luminosa fine d'ottobre abbiamo messo quelle due cose in valigia, ci siamo chiusi la porta di casa alle spalle e siamo partiti.
Direzione Altopiano di Asiago, per il formaggio.
Destinazione Lusiana, per la scuola, dove dormiremo.
Una volta arrivati per me è pure incanto.
Siamo a Lusiana, piccolo centro dell'altopiano dei sette comuni.
Parcheggiamo in un piccolo spiazzo di fronte ad un cancello.
Un cortile, sassolini a terra, tavolini e sedie e ortensie.
Un vecchio edificio, sobrio, semplice, lineare.
Tante finestre tutte uguali, e quella scritta dipinta sulla facciata: Scuola Comunale.
Dormiremo qui questa notte, una sola notte, anche se io ci resterei per almeno una settimana in questo posto che non è un posto, ma un monumento, delicato e poetico, alla memoria, fatto di vecchi muri, carte ingiallite e dettagli pregni di cura e amore e storia.
Entriamo e non c'è angolo, oggetto, mobile o accessorio che non rapisca la mia attenzione.
Nella sala delle colazioni una grande lavagna, grande quanto un'intera parete.
Sulla lavagna un alfabeto ricamato col gesso, con riccioli tondi e leggeri disegnati da mani maestre, e sbavature di scarabocchi e disegni, segno recente di bambini passati di qui poco prima di noi.
I tavolini per la colazione sono vecchi banchi, così come le seggiole e le panche e come in ogni b&b o ostello che si rispetti, o meglio che si meriti il mio rispetto, ci sono giochi per i bambini.
Un barattolo di vetro attira la mia attenzione. Dentro ci sono tessere di un vecchio alfabetiere: lettere, sillabe, parole.
In stampatello e in corsivo, in maiuscolo e in minuscolo, tutte alla rinfusa, solo alcune sono rivolte verso di me: "chi-s-h-R-ghiande". Per un attimo ho creduto dicesse proprio a me, arrivata fin lì nel cuore dell'autunno a caccia di foglie secche e ricordi nuovi da portare a casa.
In questa vecchia scuola a noi è capitata la stanza "scienze": vecchie stampe botaniche alle pareti, sfumature dal verde bosco al verde salvia, una porta a vetri che dà direttamente sul cortile, dove un giorno correvano scolari d'altri tempi nell'intervallo tra le lezioni.
Non posso fare a meno di pensare alle vite e alle storie passate di qui, in una qualsiasi piccola scuola di minuscolo paese del nord Italia.
Il quotidiano, semplice, ordinario scorrere dei giorni che visto da qui ora appare degno del più bello dei romanzi.
All'improvviso, in quelle scritte trovate all' interno dell'anta di un vecchio armadio resistito a decenni di cambiamenti e rimasto al suo posto per raccontare la sua storia ho capito perchè ci tenessi così tanto a portare qui mia figlia per l'inizio della scuola.
Al di là della grandissima lavagna, in cui ancora farla giocare a imparare senza paura di sbagliare.
Al di là degli abecedari appesi ai muri, colorati e allegri a voler scongiurare la più grigia delle lezioni.
Oltre alla vista dalle finestre, che corre lontano a volerle augurare il più luminoso e aperto degli insegnamenti.
Al di là di tutto ciò, quello che volevo regalarle portandola qui era qui, in queste parole a pennarello nascoste in un armadio: la consapevolezza che tutto quello che vivrà in questi anni, sui banchi di scuola con la matita in mano e tutto il suo futuro davanti, resterà per sempre.
Anche quando non sembrerà così, anche quando gli anni avranno messo le loro spesse mani di vernice sopra ai ricordi, ci sarà da qualche parte una vecchia scritta che farà per sempre parte di lei.
Era da parecchio tempo che volevo scrivere di questo delizioso b&b.
Stasera, non potendo fisicamente mettere due cose in valigia e partire per una di quelle gitarelle fuori porta che tanto amo e di cui ora sento un gran bisogno, ho fatto l'unica cosa che potesse vagamente assomigliare ad una partenza.
Ricordare e raccontare.
IL b&b di cui vi ho raccontato si chiama La scuola, si trova a Lusiana e questo è il loro sito, che vi consiglio di guardare per conoscere meglio il loro bellissimo progetto e la storia di questo, riuscitissimo, recupero.
E se vi dovesse capitare di andarci, vi consiglio di fare tappa a Bassano del Grappa, che merita sempre.
Bentornata alla scrittura (sul blog), sembra davvero un posto incantato, questa scuola diventata altro.
RispondiEliminaPer arrivare fin lì ho bisogno di più di un weekend di pausa, altrimenti non ne varrebbe la pena, ma chi lo sa: forse un giorno anche io sarò lì dentro con gli occhi a cuoricino!